Jakraphanth Thomma lo sapeva fin dall’inizio e lo aveva scritto anche sul suo profilo Facebook prima di compiere il massacro: «Nessuno può sfuggire alla morte». E dopo un assedio durato ore è stato ucciso dalle forze speciali nel centro commerciale di Nakhon Ratchasima, a Khorat in Thailandia, dove il soldato thailandese di 32 anni, pistola in mano, passamontagna e uniforme militare, sabato 8 febbraio ha ucciso 30 persone ferendone altre 58. All’origine del gesto forse un «problema personale» legato alla vendita di una casa, ha detto il premier del Paese asiatico.

L’assalto e la fuga – Sono le 15.30 ore locali di sabato 8 febbraio quando, il sergente Jakrapanth Thomma, in un campo di addestramento dell’esercito tailandese, uccide un colonnello suo superiore (e la suocera dell’uomo) prima di rubare dal deposito d’armi di una caserma delle pistole, una mitragliatrice, e oltre 700 proiettili. Inseguito da altri soldati è riuscito ad ucciderne alcuni, dirigendosi poi verso un centro commerciale.

La strage in streaming – A bordo di un fuoristrada militare Hummer, l’attentatore si dirige verso il centro di Khorat, nel distretto di Muang e fuori dal centro commerciale  “Terminal 21” apre il fuoco contro alcuni passanti. Prima di barricarsi dentro all’edificio spara a una bombola del gas, innescando un incendio per impedire ai soldati di raggiungerlo. Non solo il killer trova il tempo di scattarsi e postare un selfie con fucile spianato e la scritta “sono così stanco”, ma trasmette le fasi della strage in live streaming dal suo profilo Facebook, poi bloccato. L’ultimo post è una domanda: “Secondo voi dovrei fermarmi?” . Terrore trasmesso in diretta anche dai media che hanno mostrato le immagini del soldato mentre esce da un’auto di fronte al centro commerciale e scarica una serie di colpi, facendo scappare la gente. In un video si sentono chiaramente gli spari, in un altro si vede un uomo accasciato al volante di un’auto in una pozza di sangue.

Le forze di polizia che soccorrono i feriti

Il bliz- Tutta la città viene messa in stato d’allerta, la popolazione avvertita di non uscire di casa e la polizia fa evacuare la struttura ma l’uomo si barrica per ore all’interno del mall Terminal 21 con almeno 15 ostaggi. Successivamente le forze speciali, preso il controllo dell’edificio, fanno irruzione e dopo un violento scontro a fuoco, domenica 9 febbraio, uccidono l’assalitore. Lo confermano il capo delle forze speciali, Jirabhob Bhuridej, Il ministero della Salute e il capo della polizia. Il bilancio delle vittime è pesante: 30 morti e 58 feriti. «Una strage senza precedenti», il commento del premier thailandese Prayut Chan-O-Cha.

Il movente oscuro – Secondo quanto riferito dal primo ministro, il sergente avrebbe compiuto il massacro per un «problema personale» con la suocera legato alla vendita di una casa.  Ma alcuni post del killer aprono nuove ipotesi di lettura: in un video dopo aver sparato all’impazzata dice sorridente che gli fa male il dito per aver premuto troppo il grilletto, in un altro messaggio lascia trasparire oltre al disagio mentale anche un risentimento contro la classe politica: «Si arricchiscono con la corruzione e sfruttano altre persone… pensano di poter portare all’inferno soldi da spendere?». La strage rivela come il «Paese dei sorrisi» mascheri in realtà profonde divisioni sociali, un fattore scatenante di molti incidenti su cui si innesta, come aggravente, la facilità di procurarsi le armi da fuoco. Dopo le Filippine, la Thailandia ha il secondo tasso di morti per arma da fuoco ogni 100mila abitanti nel Sud-est asiatico, con una cifra del 20 per cento più alta di quella degli Stati Uniti. Nell’ultimo anno, sono in crescita episodi di violenza in cui le difficoltà economiche hanno contribuito ad innescare gesti inconsulti o estremi da parte di individui con problemi mentali.