D'AlemaIl “metodo di Woodcock”, dal nome del pm di Napoli Henry John Woodcock, torna in uso ogni volta che un nome noto finisce nella rete di intercettazioni pubblicate e diffuse sulla stampa pur non avendo, questo nome noto, apparente responsabilità. Il metodo viene ora abbinato al nome di Massimo D’Alema, del Pd, presidente del Consiglio dal 1998 al 2000 sotto Scalfaro e Ciampi, ministro degli Esteri con Prodi (2006-2008) e presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica fino al 2013. Il suo nome è saltato fuori nell’inchiesta che ha portato all’arresto, lunedì 30 marzo, del sindaco di Ischia Giuseppe “Giosi” Ferrandino (Pd). L’accusa per il sindaco è di avere accettato tangenti dalla coop rossa Cpl Concordia, determinata ad ottenere l’appalto delle opere di metanizzazione dell’isola. I regali rossi sarebbero stati la stipula fittizia di due convenzioni nell’albergo della famiglia, l’Hotel Le Querce, per 330 mila euro, l’assunzione come consulente del fratello Massimo e almeno un viaggio in Tunisia.

E D’Alema cosa c’entra? Sono undici gli indagati dell’inchiesta, nove dei quali arrestati, tra cui Francesco Simone, dirigente Cpl e personaggio chiave della vicenda. Proprio Simone, come risulta da un’intercettazione ambientale, avrebbe acquistato per conto della Cpl 500 copie dell’ultimo libro dell’ex presidente del Consiglio (“Non solo euro”) e duemila bottiglie di vino prodotte dalla moglie, ma soprattutto avrebbe versato bonifici alla Fondazione dalemiana Italianieuropei per oltre 60mila euro. Secondo le parole – intercettate – del dirigente arrestato, sarebbe il caso di “investire negli Italianieuropei dove D’Alema sta per diventare Commissario Europeo” in quanto “mette le mani nella merda come ha già fatto con noi, ci ha dato delle cose”.

L’ex presidente del consiglio ha subito precisato: “Nessun illecito, regalo o beneficio, il mio rapporto con Cpl è trasparente”. E poi si è lamentato: “La diffusione delle intercettazioni è scandalosa”. Mentre i principali quotidiani italiani mettevano il nome di D’Alema al centro dei titoli dedicati all’inchiesta sulle tangenti a Ischia, altri gridavano, come Il Foglio, al “circo mediatico giudiziario”. D’Alema non è indagato nell’inchiesta sulle tangenti a Ischia. Eppure il gip Amelia Primavera, nell’ordinanza di custodia cautelare, ha definito il richiamo a D’Alema “significativo per comprendere fino in fondo e per delineare in maniera completa il sistema affaristico organizzato e gestito dalla Cpl Concordia”.

“È ridicolo definire l’acquisto di duemila bottiglie di vino in tre anni come un ‘mega ordine’, peraltro fatturato e pagato con bonifici a quattro mesi – si è giustificato l’ex presidente del Consiglio -. Quanto ai libri, nessun beneficio personale, ma un’attività editoriale legittima, che rientra nel normale e quotidiano lavoro della Fondazione Italianieuropei. Inoltre, i libri furono acquistati per una manifestazione elettorale dedicata ai temi europei, alla quale fui invitato dal sindaco di Ischia, che era candidato del Pd”.

D’Alema ha puntato il dito in particolare contro la pubblicazione delle intercettazioni che lo riguardano definendosi “un cittadino qualsiasi in pensione, senza alcun incarico”: “La diffusione di notizie e intercettazioni che non hanno alcuna attinenza con le vicende giudiziarie di cui si occupa la procura di Napoli è scandalosa e offensiva. Ho dato mandato all’avvocato Gianluca Luongo di difendere la mia reputazione in ogni sede. Se nessuno ha ritenuto di dovermi indagare, allora vuol dire che non sono sospettato di aver compiuto alcun illecito”.

La vicenda ricorda le recenti dimissioni di Maurizio Lupi da ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, ma l’ex presidente del Consiglio ha preso le distanze da quello che è accaduto “a un ministro in carica, con dei doveri diversi da me che non ho alcun ruolo istituzionale”. “Lancio un allarme – ha concluso D’Alema -. Non capisco perché un cittadino normale, che non ha nessun ruolo istituzionale, possa essere perseguitato in questo modo. Può capitare a tutti ed è piuttosto sgradevole. Se ho fatto qualcosa che non va bene, i magistrati mi chiamino”. I magistrati prendano nota.

Chiara Piotto