I taxi si fermano ancora. Così come le trattative tra il Governo e i sindacati di categoria, che dovrebbero definire le nuove regole sul trasporto nelle città. È stato annunciato ieri, 13 marzo, lo sciopero nazionale dei tassisti, che si terrà il prossimo 23 marzo dalle 8 alle 22. «Il governo non è stato in grado di fornire alcun tipo di risposta», dicono le sigle che hanno proclamato lo stop.
Trattative deludenti – Gli scontri tra tassisti e governo proseguono da febbraio, dopo l’approvazione dell’emendamento Lanzillotta all’interno del “decreto milleproroghe”. In seguito alle proteste, il 21 febbraio scorso il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, aveva siglato un’intesa con i rappresentanti delle sigle sindacali. Da allora sono iniziate le trattative, che però stanno deludendo i rappresentanti dei tassisti. Oggetto della contesa è la parte del Disegno di legge sulla concorrenza che delega al governo la revisione della normativa sul trasporto pubblico non di linea, ovvero servizi come Uber e MyTaxi. Il ministro Delrio si era impegnato a preparare il testo della delega nel giro di un mese: ma a una settimana dalla scadenza, le parti sono ancora distanti. I sindacati chiedono, in particolare, che nel provvedimento sia cancellato ogni riferimento alle applicazioni di sharing.
NCC e Uber – Il nodo della contesa rimane la regolarizzazione del servizio degli NCC, le autovetture che effettuano Noleggio Con Conducente. Secondo i tassisti, molti autisti di NCC ottengono le licenze in piccoli paesi, ma poi svolgono la maggior parte del proprio servizio nelle grandi città (Roma, Milano e Firenze in particolare) facendo così concorrenza sleale ai taxi. In questo scontro si inserisce Uber: gli autisti NCC possono entrare nel circuito Uber, che riceve una percentuale del servizio di trasporto effettuato in modo autonomo. Il timore dei tassisti è che la piattaforma possa diventare una sorta di “radiotaxi” per gli NCC, aggirando così il servizio delle auto bianche.
La lettera di Uber – Eppure sempre ieri, prima che venisse annunciato lo sciopero, un segnale di apertura era arrivato proprio da Uber. Il general manager italiano, Carlo Tursi, aveva scritto una lettera ai sindacati dei taxi proponendo un incontro a porte chiuse per il 20 marzo. In questo appuntamento si sarebbe dovuto «discutere di proposte concrete che possano vederci collaborare da qui in avanti». La risposta dei taxi è stata un secco no: «Solo un imberbe cadrebbe ancora in questi giochetti comunicativi», ha detto il portavoce nazionale di Federtaxi Federico Rolando.
Sindacati divisi – Lo sciopero viene proclamato dunque mentre il tavolo delle trattative è ancora aperto. Una scelta anomala, che vede il fronte dei sindacati non del tutto compatto. Lo sciopero del 23 marzo è stato indetto dalle sigle principali (come FIt Cisl taxi, Uil Trasporti taxi, Unica Cgil, Ugl taxi e Usb taxi), mentre si è sfilata la Confartigianato, a cui molti tassisti fanno riferimento. Secondo Loreno Bittarelli, presidente dell’Uri (Unione Radiotaxi Italiani), «non ha senso scioperare con un tavolo in corso con il governo».