«Sono arrivati anche i carabinieri, ma si tengono a distanza, almeno sanno che non siamo una minaccia». Queste le parole di uno dei ragazzi del movimento Tende in Piazza che la mattina di lunedì 12 giugno ha dato il via al presidio momentaneo dentro la Casa dello Studente, in Viale Romagna 62 a Milano. L’edificio, studentato di proprietà del Politecnico, è chiuso ormai da più di un anno, ma dopo i primi due mesi in cui gli operai hanno iniziato i lavori di sgombero e ristrutturazione, le operazioni si sarebbero fermate per mancanza di fondi.

Il banchetto del movimento Tende in Piazza

Il comitato – I ragazzi intorno al banchetto davanti all’ingresso dello studentato tengono subito a precisare di non avere un capo: «Facciamo parte di varie associazioni, veniamo da realtà diverse, ma siamo quelli che da inizio maggio dormono in tenda in Piazza Leonardo, io ad esempio dormo lì dal 6, a oggi siamo circa una ventina», racconta Pietro Laporta, classe 2003, studente di storia all’Università statale di Milano. Il movimento Tende in Piazza è sotto i riflettori della cronaca milanese ormai da più di un mese. Oggi ha deciso di spostarsi di qualche metro, con tende e manifesti, per tentare di sbloccare la situazione al numero 62 di Viale Romagna. Girando per i corridoi dell’edificio abbandonato Pietro dice: «Hanno iniziato a spaccare ma non hanno mai ricostruito, è un peccato». Tra i ragazzi, la convinzione che la responsabilità non sia da imputare al Politecnico: «Qui è iniziata la ristrutturazione dopo che il Polimi aveva aderito ad un bando, ma i soldi promessi dal governo non sono arrivati e quindi non c’è stato modo di continuare» prosegue Pietro. Tuttavia, le istituzioni faticano a dare una risposta: «La replica del Sindaco Beppe Sala e dell’Assessore [alla Casa e al Piano Quartieri, ndr] Pierfrancesco Maran è sempre: “Stiamo costruendo il nuovo progetto “Dream”, nella zona Expo”, ma è un progetto privato, dove per una camera ti chiedono 850-1200 euro al mese» conclude lo studente. 

Una delle tende davanti allo studentato

Il comunicato e il programma – «L’articolo 41 della Costituzione sancisce in maniera molto netta che l’attività economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”» recita una parte del comunicato diffuso dal movimento. I ragazzi chiedono che ogni istituzione faccia la propria parte per garantire lo stanziamento dei fondi che permettano di sbloccare i lavori di ristrutturazione dello studentato, un cambio di rotta nelle strategie sull’abitare, come recuperare gli alloggi sfitti per residenze studentesche e popolari e infine la limitazione dell’aumento degli affitti. Circa 36 ore di occupazione, quindi, con la promessa di andarsene la sera di martedì 13 giugno. Il programma prevede il pranzo sociale dalle 13 di oggi, con l’obiettivo di farsi conoscere, e il talk sull’abitare alle ore 17. Martedì alle 16, un’assemblea pubblica come ultimo atto prima di lasciare l’edificio. «Potremmo fare un cineforum nell’auditorium» propone uno dei ragazzi. «Sì, ma ci servirebbe un generatore», risponde un altro.

L’accordo – Dopo un’ora dall’inizio della manifestazione, si fa largo tra i ragazzi Graziano Dragoni, il direttore generale del Politecnico di Milano. Alle prime domande degli studenti risponde rassicurandoli: «L’intervento è strutturale, quindi richiederà tutto l’anno accademico 2023-2024, abbiamo avuto dei problemi di finanziamento, ma oggi abbiamo la certezza che l’opera si concluderà». Il dialogo è un botta e risposta acceso, ma il clima sembra collaborativo: «Lasciate pure l’evidenza della vostra sensibilità, che è anche la nostra – precisa Dragoni – perché noi siamo con voi e se guardate la delibera del consiglio di amministrazione di ottobre c’è lo stanziamento per la Casa dello Studente». Dopo le rassicurazioni, Dragoni cerca di dissuadere i ragazzi dall’occupazione con il timore che questa possa ostacolare i lavori. I giovani precisano: «Quando siamo arrivati non c’era nessun operaio, questo non è un cantiere». Dragoni conclude: «Domani mattina trovate gli operai per finire le demolizioni». Dopo un primo applauso di entusiasmo, non sono pochi quelli che faticano a credere alla promessa. «Se domani arrivano gli operai noi sgomberiamo, ma dopodomani ci saranno ancora? E dove sono stati fino ad adesso?».