Il primo convoglio di aiuti per il terremoto, che ha colpito la Turchia e la Siria, sta per raggiungere la parte nord occidentale del territorio siriano in mano all’opposizione curda. Ad annunciarlo è stato un funzionario del valico di frontiera di Bab al-Hawa, al confine con la Turchia. Si è sbloccato il flusso dei soccorsi per fronteggiare la catastrofe che, secondo il Wall Street Journal, nel paese guidato dal presidente Bashar al-Assad avrebbe provocato la morte di oltre 3.100 persone.
Il freno – È stata accolta la richiesta pronunciata da Khaled Hboubati, il direttore della Mezzaluna Rossa siriana, affiliato alla Croce Rossa internazionale, che aveva sottolineato l’urgente bisogno di aiuti nella provincia di Idlib, tra le più colpite dalla catastrofe. Soccorsi che tardavano ad arrivare soprattutto per volontà del presidente siriano al-Assad, restio a condividere risorse con gli oppositori del regime. In questa zona della Siria si trovano quattro milioni di profughi, scappati dalle altri parti del Paese, che vivono grazie agli aiuti umanitari internazionali distribuiti dalla Turchia.
L’appello di Zein – A mettere in guardia il padre contro i ribelli è stata anche la figlia di Bashar al-Assad, Zein, che da sempre vive con la madre a Londra. Lo ha fatto attraverso dei messaggi privati su Instagram, circolati poi sul web, con cui avverte un suo interlocutore di prestare attenzione alla raccolta fondi promossa in quel momento. «Per favore, attenti a quelli a cui donate. Questo è un gruppo che sostiene terroristi a Idlib. Le donazioni non andranno ad Aleppo, a Latakia o a Hama», si legge nel messaggio di Zein.
Paese spaccato – Il territorio siriano, devastato dalla prolungata guerra, è frammentato in tre diverse parti. Quella meridionale e centrale è sotto controllo della dittatura di al-Assad; quella nord orientale è occupata dalle forze curde, sostenute dagli Stati Uniti; infine quella a nord ovest dove si trovano i gruppi ribelli, jihadisti e milizie di varia entità e affiliazione politica.