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L’operazione di polizia, coordinata dalla Procura di Brescia, che ha portato all’arresto di quattro  jihadisti  kosovari

«Noi non siamo né Rambo né Van Damme, facciamo sul serio». Non erano ancora entrati in azione, ma erano pronti a farlo. Contro l’ambasciatrice americana in Kosovo e contro papa Francesco: «Questo sarà l’ultimo Papa». Quattro cittadini kosovari sono stati arrestati in Italia e in Kosovo con l’accusa di apologia di terrorismo e istigazione all’odio razziale. Sulle loro pagine Facebook pubblicavano foto con armi nelle pose tipiche dei combattenti dell’Isis ed esaltavano i recenti attentati di Parigi. Ma erano pronti a passare dalle parole ai fatti: nelle loro abitazioni sono state trovate una pistola e una carabina.

A capo della cellula jihadista, secondo la Digos di Brescia, ci sarebbe Samet Imishiti, la mente del gruppo, già soldato dello Stato Islamico in medio oriente. È stato arrestato in Kosovo, ma ha vissuto a lungo a Chiari, nel bresciano dove – stando al racconto degli investigatori – era ben integrato e non aveva suscitato sospetti. Ancora una volta dal monitoraggio dei social network sono emersi i piani del gruppo. A cominciare dall’attività di propaganda: «Parigi a lutto, la torre senza luci, 158 morti, questo è solo l’inizio» e «l’Europa verrà disgregata mentre entro cinque anni, si formeranno gli stati islamici e ci sarà una legge, quella della Sharia». Questo scriveva Imishiti  sul suo profilo Facebook, da dove sono partite anche le minacce di morte all’ex ambasciatrice americana in Kosovo Tracy Ann Jacobson: «Questa miscredente merita la punizione con la sharia». Sempre dal web diffonde il suo anatema contro il Pontefice: «Ricordatevi che non ci sarà più un Papa dopo questo».

Gli altri tre arrestati risiedevano in Italia. Il fratello di Samet, Imishiti Ismail, considerato la base italiana della cellula, è stato fermato a Chiari ed espulso. Stesso provvedimento per un altro kosovaro rintracciato in provincia di Savona. Per un macedone residente a Vicenza, invece, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, ha disposto la misura della sorveglianza speciale con il ritiro del passaporto. Scattano così per la prima volta le norme di prevenzione introdotte dalla legge antiterrorismo dello scorso aprile.

C_4_foto_1421266_imageLe indagini, dicono dalla Procura di Brescia, non sono finite qui. La rete sarebbe infatti più ampia e resta da ricostruire il canale usato per il traffico delle armi, che ha nei Balcani uno dei crocevia più importanti per l’Europa. Collaborando con la polizia kosovara, le forze dell’ordine italiane hanno ricostruito contatti e struttura di una organizzazione jihadista, in contatto con i gruppi attivi nell’area, e in particolare con la cosiddetta ‘Brigata albanese’. E i monitoraggi su Internet hanno provato legami con alcuni combattenti in Siria.

«È la conferma che il nostro sistema di prevenzione e di sicurezza sta funzionando» commenta il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Che rileva come con leggi adeguate e la collaborazione internazionale sia possibile abbattere il livello della minaccia, nella consapevolezza, comunque, che «nessun paese è a rischio zero».

Simone Gorla