Dopo anni di discussioni, la Camera ha abolito con votazione definitiva il test d’ingresso alla facoltà di medicina e chirurgia. La legge, approvata tra le polemiche di maggioranza e opposizione (149 voti a favore e 63 contrari), abolisce i quiz d’ingresso e delega al governo la creazione, entro un anno dalla sua entrata in vigore, di nuove regole sull’accesso. L’immatricolazione al primo anno di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria sarà libera per tutti gli studenti e il momento della selezione avverrà dopo sei mesi. Potranno accedere al secondo anno solo gli studenti che avranno ottenuto un certo punteggio negli esami del semestre. La selezione della sede dove continuare il percorso dipenderà dal posizionamento in una classifica nazionale e dalla disponibilità dei posti nelle varie università.

La reazione della maggioranza – La ministra dell’Università e Ricerca Anna Maria Bernini festeggia l’approvazione della riforma con un post su X: «Finalmente Medicina volta pagina: superiamo il numero chiuso e diciamo addio ai test d’ingresso che per troppo tempo hanno spento i sogni e le ambizioni di tanti ragazzi. L’Università non si presenta più con l’odiosa dicitura ‘numero chiuso’, ma apre le proprie porte per formare chi desidera diventare medico», e prosegue rivendicando l’archiviazione dei «quiz d’ingresso, che negli anni hanno generato più ricorsi al Tar che vera formazione». Anche Fratelli d’Italia, in una nota, parla di «svolta» e reclama: «Oggi mettiamo fine a un sistema iniquo che per troppo tempo ha privilegiato la sorte rispetto al vero merito».

Le proteste delle opposizioni – Opposta la lettura della opposizioni con il Partito Democratico che, durante la discussione a Montecitorio, ha denunciato il «bluff ai danni delle università, degli studenti e delle loro famiglie», visto che la riforma non avrebbe «abolito il numero chiuso a medicina». La critica, ripresa anche dal gruppo parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, sottolinea che non c’è stato alcun aumento effettivo del numero di posti a medicina, né sono state incrementate le borse per le specializzazioni. Entrambe le misure avrebbero contribuito a risolvere la questione della carenza di medici nelle strutture pubbliche, i cui organici si basano sempre più su medici gettonisti, cioè liberi professionisti che ricevono un compenso per coprire singoli turni, gravando sulle casse pubbliche per oltre quattrocento milioni di euro all’anno.