«Oggi una ragazza ci ha strappato il velo», così inizia il racconto di Fatima Zahara Lafram, la giovane torinese di origini marocchine che il 20 marzo è stata vittima di un’aggressione a sfondo razzista, insieme a due amiche. Le tre ragazze avevano preso il solito bus per tornare a casa dal centro di Torino. «È successo tutto perché Nouhaila si è spaventata per un cane che era a bordo e si è spostata» racconta Fatima nel video postato sul suo profilo Facebook in diretta dal pronto soccorso, dove è stata portata a seguito dell’aggressione. Dopo il gesto ingenuo di una delle ragazze, soltanto una frase, pronunciata da una passeggera a bordo, ha anticipato l’aggressione:«avete paura dei cani ma poi riuscite a fare attentati terroristici e a scoppiare». Da lì calci e pugni. Il racconto di Fatima prosegue:«Si è buttata su di noi, ha preso a pugni Nouhaila e le ha strappato fisicamente il velo» spiega- « ha aggredito anche me, ora sono al pronto soccorso». La protagonista dell’aggressione, una ventenne italiana identificata poi dalla polizia, è stata isolata fino all’arrivo delle forze dell’ordine mentre il bus si è fermato in via San Donato, angolo via Saccarelli. A testimoniare a favore delle ragazze tutti i passeggeri del 59 barrato che all’arrivo delle forze dell’ordine hanno confermato quanto era appena accaduto. Le tre amiche sono state portate al pronto soccorso, medicate e dimesse in serata. «Ora ci hanno detto che abbiamo 90 giorni di tempo per formalizzare una denuncia», spiega Fatima sui social.

L’appello di Fatima – Oltre alle lesioni fisiche subite,un gesto ha ferito più di tutti Fatima e le sue amiche: il velo strappato con forza dalla testa di una di loro: «Con il velo della mia amica quella donna ha strappato anche tutti i valori su cui è fondata l’Europa» ha denunciato la ragazza, esponente tra l’altro dell’Organizzazione Giovani Musulmani d’Italia. Non solo i pugni ma la violazione del simbolo di un’identità culturale e religiosa. È proprio su questo punto che Fatima ha avuto più da dire: «Quello che chiedo non è empatia ma il riconoscere che alcune parole possono avere un certo impatto, sia dei politici che dei nostri amici, e che il nostro silenzio rende complici». Un appello il suo anche a coloro che, nonostante tutto, sono ancora convinti della casualità di certi episodi:«per tutti quelli che pensano che l’islamofobia  e il razzismo non siano reali, questa è la dimostrazione che lo sono eccome. Noi oggi abbiamo pianto, non è questa l’Italia dove vorrei far crescere i miei figli». Una testimonianza d’impatto che ha mosso la solidarietà di decine di utenti sui social dichiaratisi disgustati da quanto accaduto, così come la vicinanza dell’assessora regionale alle Pari opportunità Monica Cerutti che ha immediatamente offerto il proprio sostegno:«come Regione metteremo a loro disposizione il fondo regionale che sostiene le spese legali di chi è vittima di discriminazione. Siamo loro vicini e condanniamo duramente questo genere di episodi».