Le troppe richieste di cittadinanza da parte di stranieri con lontani parenti italiani rischiano di paralizzare tribunali e uffici anagrafe in Italia. «Serve rivedere la norma», questo il commento del ministro degli Esteri Antonio Tajani sul boom di domande registrato nel 2023.
La normativa – Il cosiddetto ius sanguinis come lo conosciamo adesso, vige in Italia dal 1992, e prevede il riconoscimento automatico della cittadinanza a chi nasce da almeno un genitore italiano. Ci sono però alcune particolari condizioni in cui a far richiesta di cittadinanza possono essere persone che vivono all’estero e non hanno apparentemente legami con l’Italia. È il caso dei tantissimi cittadini brasiliani (ma non solo) che, in nome di un lontano antenato italiano tra i milioni che sono emigrati in Sudamerica a partire dalla fine del 1800, avanzano richieste per acquisire la cittadinanza. Formalmente non c’è un limite che imponga un grado di parentela massimo oltre il quale la domanda possa essere respinta, e per questo il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato la «necessità di rivedere la norma che concede la cittadinanza per diritto di sangue».
I numeri – Secondo un’indagine di Il Sole 24 Ore pubblicata lunedì 28 ottobre, nel 2023 le cittadinanze ottenute per «legami di sangue» sono state circa 190mila, superando quelle per residenza o matrimonio. Dei riconoscimenti per ius sanguinis 100mila sono arrivati da ambasciate e consolati, circa 90mila da comuni e tribunali. Spiccano i passaporti rilasciati a cittadini brasiliani, che nel 2023 hanno raggiunto il 68,5% del totale.
Il caso del Veneto – Le istanze che in prima battuta dovrebbero passare per i consolati si scontrano con liste d’attesa infinite, e per questo passano ai tribunali competenti sulla base del luogo di nascita dell’antenato. Questo crea inevitabilmente una pressione maggiore sui territori che, come il Veneto, furono più segnati da fenomeni di emigrazione. Le pratiche di riconoscimento costituiscono un lavoro straordinario per la pubblica amministrazione, e coinvolgono sia gli uffici anagrafe che i tribunali civili. Per accertare il legame di parentela su cui si basa la richiesta, infatti, è spesso inevitabile un lavoro di indagine d’archivio che i normali percorsi non necessitano.
Un problema che in Veneto veniva segnalato già nel 2018 e che oltre a investire il tribunale di Venezia (che da solo ha emesso più della metà di tutti i riconoscimenti avvenuti in Italia nel 2023, si legge su Il Sole 24 Ore), colpisce gli uffici dei comuni spesso già sotto organico. All’inizio del 2024, il comune di Val di Zoldo, in provincia di Belluno, riscontrava problemi a smaltire tutte le richieste, al punto da dover limitare le attività per i propri residenti.