Lieto fine per Mordechai e Natilie Okhnin, i due turisti israeliani rinchiusi con l’accusa di spionaggio dopo avere fotografato il palazzo del presidente turco Racep Erdogan. Dopo otto giorni di carcere, il 18 novembre la coppia è rientrata a Tel Aviv grazie a un volo privato messo a disposizione dal governo israeliano. Diverse autorità del gobverno di Gerusalemme hanno espresso gratitudine a Erdogan. «Ringrazio il presidente della Turchia e il suo governo per la cooperazione» ha dichiarato attraverso Twitter il presidente Isaac Herzog e ha aggiunto «Ringrazio anche il premier Naftali Bennett e il ministro degli esteri Yair Lapid per il loro impegno». Gli stessi Bennet e Lapid hanno rivolto parole di riconoscenza alla Turchia.
La vicenda – Erano partiti per andare una vacanza i coniugi Okhnin, quarantenni Israeliani che avevano scelto un viaggio a Istambul per festeggiare un compleanno. La bellezza del palazzo presidenziale Dolmabahce è stata ammaliante per i due, che non hanno resistito a scattare un selfie con l’edificio alle spalle. La scelta di un punto di vista particolare, la cima della torre Çamlica, la più alta di Istambul, è stata però fatale. Un cameriere del ristorante della torre ha infatti denunciato la coppia come possibili spie. Nel ristorante non era espresso il divieto di fotografare il Dolmabahce, oggi museo e non più residenza del presidente. La storia era passata inizialmente sottotraccia, dato che solo il 12 novembre, due giorni dopo l’arresto, la figlia degli Okhnin ha allertato le autorità israeliane avendo perso le tracce dei genitori. All’inizio Ankara non ha creduto alle smentite di Bennett e Lapid sulla posizione dei coniugi, prolungando lo stato di fermo per una ventina di giorni, interrotti poi il 18 novembre.
Turchia e Israele – Secondo Tel Aviv la mossa da parte di Erdogan sarebbe stata un tentativo di trarre qualche vantaggio dopo la retata di ottobre ai danni di 15 persone accusate di essere spie del Mossad. Nessuno di loro avrebbe in realtà la cittadinanza israeliana. Sullo sfondo rimane la questione palestinese. Erdogan ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo nei confronti di Hamas, il partito politico islamico-sunnita al potere a Gaza dal 2007. In sostanza è sempre apparso amichevole nei confronti dei rivali più accesi di Israele nell’ambito della questione israelo-palestinese. Risale tuttavia agli anni 2010-2011 il momento effettivo del deterioramento dei rapporti tra Gerusalemme e Ankara. Il pomo della discordia fu la questione della Marvi Marmara, una nave dell’associazione umanitaria Freedom Flottilla che ha tentato di violare il blocco imposto da Israele a Gaza con lo scopo di introdurre nella striscia aiuti e altre merci. Nove cittadini turchi e un americano di origine turca persero la vita a seguito dell’abbordaggio da parte delle marina israeliana che degenerò in uno scontro violento. A seguito dell’episodio Erdogan chiese dei risarcimenti, non concessi da Tel Aviv. «Le relazioni, commerciali, militari e quelle riguardanti la difesa verrano sospese e seguiranno sanzioni» fu la dichiarazione del presidente Turco che avviò il decennio di peggioramento delle relazioni tra i due paesi. Nel 2018, a seguito delle tensioni nella Striscia, la Turchia espulse l’ambasciatore israeliano e la risposta fu l’allontanamento del console turco da Gerusalemme. Tracce di distensione sono arrivate invece dopo l’elezione di Herzog a capo di stato: Erdogan è stato tra i primi a congratularsi e a conversare con il neoeletto.