La polizia scientifica mette i sigilli all’abitazione dove Antonio Gozzini ha ucciso la moglie. (ANSA/ FILIPPO VENEZIA)

Assolto per un «totale vizio di mente». Una perizia che parla di un «vero e proprio delirio di gelosia», che avrebbe causato l’incapacità di intendere e di volere. È un verdetto che fa discutere quello della Corte d’Assise di Brescia, che il 9 dicembre ha sentenziato che Antonio Gozzini non è colpevole di aver ucciso la moglie 62enne Cristina Maioli. A seguito della decisione del tribunale, in attesa ancora delle motivazioni della sentenza, l’uomo è stato trasferito dal carcere ad una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza).

La vicenda – Maioli, un’insegnante, è stata uccisa nell’ottobre 2019, colpita con un mattarello mentre dormiva e accoltellata alla gola dal marito, che ha poi vegliato sul suo corpo prima di tentare il suicidio. All’epoca dei fatti, nella confessione resa agli inquirenti, Gozzini affermò che «non c’era un motivo particolare per cui ho deciso di uccidere mia moglie. So solo che stavo malissimo: in depressione possono succedere queste cose».

Il “delirio di gelosia” – La tesi del pubblico ministero era che l’uomo avesse agito per vendetta, perché Maioli voleva farlo ricoverare per la sua depressione. Quella della difesa, invece, che Gozzini fosse da assolvere per incapacità di intendere e di volere. In una dichiarazione riportata dal Giorno, l’avvocato dell’80enne, Jacopo Barzellotti, ha sottolineato che il consulente della Procura e il perito di parte sono stati concordi nel riconoscere che l’uomo era affetto da un “delirio di gelosia”, «una patologia molto seria che gli ha impedito di resistere agli impulsi. Un disturbo della personalità che non ha nulla a che fare con la gelosia come stato passionale o sentimento». Detto anche “sindrome di Otello” in letteratura scientifica, questo disturbo, secondo il perito nominato dall’accusa, avrebbe condizionato Gozzini in maniera tale «da escludere totalmente la capacità di intendere e di volere» al momento dell’omicidio. Il pm Claudio Passalacqua, che aveva chiesto l’ergastolo e che ha già annunciato ricorso in appello, ha detto in aula che «è pericoloso far passare il messaggio che in quel momento non era capace di intendere e di volere perché geloso».

Le critiche – Dal mondo politico e dalla società civile, intanto, si levano voci critiche nei confronti della sentenza. La senatrice del Pd e presidente della Commissione Femminicidio Valeria Valente, pur affermando che è necessario aspettare le motivazioni della Corte, ha dichiarato che, se venissero confermate le notizie date dalla stampa, la decisione costituirebbe «un fatto gravissimo». «Noi crediamo che né la gelosia, né altri sentimenti di possesso possano in alcun modo giustificare la violenza contro una donna o addirittura la sua uccisione», ha aggiunto la senatrice. «La sentenza del tribunale di Brescia ci lascia esterrefatte», ha commentato la presidente dell’associazione D.i.re., Antonella Veltri. «Aspetteremo di leggere le motivazioni, ma a caldo ci sembra che con questa sentenza la gelosia e la depressione diventino condizioni legali per compiere impunemente un femminicidio», ha continuato Veltri, che si è appellata al governo perché si impegni nella formazione di chi opera nella giustizia, come previsto dal Codice Rosso.