«Vorrei tanto poter dimenticare, ma ancora non ci riesco». Vincenzo Luciano è uno dei pescatori che la mattina del 26 febbraio di un anno fa arrivarono per primi sulla spiaggia di Steccato di Cutro, teatro di quello che sarebbe stato il naufragio di migranti più grande degli ultimi 10 anni nei mari italiani. Persero la vita 94 persone. 35 di loro avevano meno di 18 anni. «Appena sono arrivato ho tirato fuori dall’acqua cinque o sei bambini, ma dopo, nell’arco della giornata, ne ho recuperati una quindicina. Mi do una colpa perché non sono riuscito a salvare nessuno», ha detto all’Ansa. Mentre parla, Luciano fatica a trattenere l’emozione. Sono le 4 di notte, la stessa ora del naufragio di un anno fa, e le sue scarpe affondano nella sabbia insieme a quelle di tutte le altre persone venute sul luogo della tragedia per celebrarne l’anniversario. Ma la memoria non è fatta solo di parole: è di questo 26 febbraio anche l’annuncio che famiglie delle vittime e superstiti apriranno una causa civile contro il Governo per omissione di soccorso.

Le celebrazioni – La mattina del 26 febbraio Cutro si è svegliata prima dell’alba per ricordare le sue vittime. Sulla spiaggia del naufragio un centinaio di persone ha deposto in cerchio 94 candele e 35 peluche. Al centro, una maglietta bianca con la scritta Kr46M0, il codice con cui venne identificato un bambino di pochi mesi morto quella notte. Alla celebrazione erano presenti anche i familiari delle vittime e alcuni superstiti. Lo zio di un ragazzo annegato ha recitato alcuni versetti del Corano mentre una donna afghana, che nel naufragio ha perso la sorella e due nipoti, si è sentita male per l’emozione. Samir, ragazzo afghano sopravvissuto aggrappandosi a un pezzo di legno, ha invece ricordato alcuni istanti di quella notte: «Ho rivissuto le stesse emozioni di quel giorno. Gli aiuti sono arrivati tardi. Avevamo visto una luce e pensavamo fossero i soccorsi, ma era solo un peschereccio. Arrivati sulla spiaggia non c’era nessuno». Samir ora vive ad Amburgo e insieme agli altri sopravvissuti chiede al governo tedesco e italiano di aprire corridori umanitari per riunirsi ai suoi familiari.

In tribunale – Ma le persone coinvolte non chiedono più solo aiuto e sono passate all’azione. I legali dei superstiti e dei familiari delle vittime hanno infatti dichiarato che apriranno una causa civile contro il Governo con lo scopo di ottenere risarcimenti per omissione di soccorso e per i danni subiti dopo il naufragio. Il ricorso riguarderà la presidenza del Consiglio e i ministeri dell’Interno e dell’Economia, ma sarà presentato solo dopo la chiusura dell’inchiesta penale che sta conducendo la procura di Crotone.

Le responsabilità – Quella che sta coordinando la procura di Crotone è però solo una delle tre inchieste che la magistratura sta svolgendo per fare chiarezza sui fatti di Cutro. Le responsabilità, a un anno dal naufragio, non sono ancora state chiarite: Frontex, agenzia europea di guardia di frontiera e costiera, dichiara di aver segnalato per tempo l’imbarcazione in difficoltà a tutte le autorità italiane, mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sostiene che non ci sia stata nessuna comunicazione di questo tipo. L’inchiesta di Crotone, che dovrebbe chiudersi a metà marzo, coinvolge sei persone, tre ufficiali della guardia di Finanza e tre uomini della Guardia Costiera, indagati per omissione di soccorso e disastro colposo. Un’altra inchiesta ha portato invece alla condanna di uno degli scafisti mentre gli altri tre sono ancora a processo. Una terza indagine, invece, della direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro, si sta concentrando su un gruppo di trafficanti.