“Se me dai cento persone facciamo un euro a persona… Ti metto 200 persone a Roma, 200 a Messina, 50 là… e quantifichiamo poi…”. Luca Odevaine aveva stabilito un preciso tariffario per le mazzette. Soldi, in cambio di favori alle cooperative amiche, facilitate negli appalti decisi dal coordinamento del Ministero dell’Interno sull’accoglienza per i richiedenti asilo, un tavolo dove l’ex vicecapo di gabinetto di Veltroni sedeva regolarmente. Emerge anche questo dalla seconda fase dell’inchiesta Mondo di mezzo, che ha portato ad una nuova ondata di arresti.
Che con l’accoglienza dei profughi si guadagnasse bene, lo si sapeva da mesi. Da quando nel dicembre del 2014 sono state rese note le intercettazioni in cui Salvatore Buzzi, l’ex uomo della cooperativa “29 giugno” e pedina centrale del sistema di Mafia capitale, rivelava che “con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”. Ma il sistema non riguardava solo le coop rosse. Odevaine “doveva garantire consistenti benefici economici – si legge nell’ordinanza del gip romano – ad un ‘cartello d’imprese’ interessate alla gestione dei centri di accoglienza, determinando l’esclusione di imprese concorrenti dall’aggiudicazione dei relativi appalti”.
Stavolta, infatti, è l’area vicina a Comunione e Liberazione ad essere al centro di questo scambio illecito di soldi e favori. All’alba del 4 giugno i carabinieri del Ros hanno perquisito la sede della cooperativa La Cascina, nel quartiere Tor Vergata a Roma. Il gruppo, vicino a Cl, è tra i gestori del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (C.a.r.a.) di Mineo. Secondo gli inquirenti, Odevaine riceveva fino a 20mila euro al mese per favorire la cooperativa. Soldi in cambio dell’assegnazione dei migranti, ma anche per esercitare pressioni per far aprire i centri in luoghi graditi e per organizzare i bandi di gara in modo da attribuire un punteggio elevato alla stessa associazione. Un sistema che arricchiva tutti, perché i gestori del centro intascavano poi buona parte dei fondi pubblici assegnati per ogni rifugiato.
Secondo il gip, i vertici de La Cascina erano “partecipi degli accordi corruttivi” e protagonisti di “plurimi episodi di corruzione e turbativa d’asta” dal 2011 al 2014. “Di spiccata attitudine a delinquere” parla il gip nell’ordinanza con cui ha mandato agli arresti Domenico Cammissa, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Francesco Ferrara, tutti dirigenti della cooperativa. Ferrara è stato portato in carcere, mentre per gli altri tre sono stati disposti i domiciliari. Il gip ha invece respinto la richiesta di arresto per Odevaine.