Pfizer-BioNtech ha annunciato nuovi ritardi. La prossima settimana sono in arrivo 465.660 dosi del vaccino anti-Covid della multinazionale statunitense, ma per quelle non consegnate in questi giorni bisognerà aspettare il mese di febbraio. La campagna vaccinale italiana intanto procede al ritmo di 116.154 somministrazioni al giorno. Dal report comunicato dal commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri emerge che le 8.635.154 dosi prenotate da ricevere entro il 31 marzo saranno in realtà il 45 per cento in meno già a metà febbraio. La situazione incerta mette a rischio il richiamo per 54mila persone: «Qualora tutte le regioni somministrassero tutte le dosi disponibili nella settimana precedente con il solo magazzino residuo, nonché con le dosi ipotizzate in consegna da Pfizer, non ci sarebbero tutte le dosi necessarie per i richiami considerando il numero dei vaccinati nei 21 giorni» ha dichiarato Arcuri.

Il motivo dei ritardi – La notizia ufficiale dei ritardi nella distribuzione del siero targato Pfizer-BioNtech è arrivata intorno alle 15.30 di sabato 16 gennaio. La riduzione del 29 per cento delle consegne rispetto a quanto stabilito nel contratto è stata giustificata dalla necessità di modificare il processo di produzione dello stabilimento di Puurs, in Belgio. Modifiche necessarie per fare fronte all’altissima domanda di prodotto. In un comunicato congiunto delle due aziende si legge che è stato elaborato un «piano che permetterà di aumentare la capacità di produzione in Europa e di fornire molte più dosi nel secondo trimestre – e continua – torneremo al calendario iniziale di distribuzione all’Ue a partire dalla settimana del 25 gennaio, con un aumento delle consegne dalla settimana del 15 febbraio». Per compensare il ritardo Pfizer promette di sfruttare anche lo stabilimento di Marburgo in Germania, e forse addirittura quelli della concorrente Sanofi in Francia.

Le conseguenze – Delle 241.020 dosi attese per mercoledì 20 gennaio ne sono state consegnate solo 53.820. A causare ulteriori malumori è la discrezionalità di cui gode Pfizer nell’allocazione del siero: la multinazionale Usa decide unilateralmente in che modo distribuire i danni tra i quasi 300 punti di somministrazione italiani. Alcune regioni saranno più penalizzate di altre: in Friuli Venezia Giulia le dosi di vaccino saranno dimezzate, mentre in Lombardia ed Emilia-Romagna ne arriveranno 25mila in meno. Rispettivamente 60% e 57% in meno per le province di Trento e Bolzano, meno 52% per il Veneto, a scalare fino al Lazio che chiude con un meno 25%. Solo sei regioni su venti non dovrebbero accusare il colpo delle riduzioni: Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Valle d’Aosta.

Il ricorso – «I conti sono stati fatti. Garantire il richiamo è la nostra priorità assoluta. Ci sono quasi un milione e trecentomila persone che hanno avuto la prima dose e non possiamo sgarrare. Rispetteremo i tempi che la scienza ci detta», ha detto la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa a La Stampa. A proposito di Pfizer afferma: «È giusto che sia chiamata a risponderne. Ha deciso unilateralmente di non rispettare il contratto, e ha deciso lei quante dosi consegnare e a chi». Attualmente è al vaglio dell’Avvocatura di Stato l’opportunità di presentare un ricorso e in quale sede.

Le sanzioni – Cruciale l’analisi dell’accordo concluso tra Unione Europea e Pfizer. Nonostante il contenuto sia riservato, è emerso che in caso di inadempienze le sanzioni si aggirino intorno al 20 per cento del valore delle dosi non consegnate (12 euro l’una). Il controllo però è trimestrale: questo significa che la penale dovrebbe scattare a marzo nella misura in cui l’Italia non dovesse ricevere le 8 milioni e 749 mila dosi previste. Una clausola protegge l’azienda nel caso in cui il motivo dei ritardi fosse imputabile a necessità produttive e, allo stesso tempo,  impone la comunicazione tempestiva del rinvio.