Arresti per traffico rifiuti speciali

Facevano affari con gli abiti destinati ai più poveri. Mandavano in Africa e nell’Europa dell’Est gli indumenti usati destinati invece alla beneficenza. Con l’accusa di traffico di rifiuti speciali, quattordici persone sono state arrestate all’alba del 15 gennaio tra Roma, Napoli e Salerno.

E’ nei cassonetti gialli che gli affiliati al clan camorristico recuperavano la loro “merce”. Così maglie, pantaloni e abiti dismessi, donati dalla gente ai più bisognosi, finivano invece in un lucroso giro di affari gestito, secondo gli inquirenti, da un boss della camorra, Pietro Cozzolino. Dai porti di Civitavecchia e Salerno in due anni sarebbero partiti container con circa 3mila tonnellate di abiti diretti al continente nero o al nuovo mercato dell’Est Europa. Ad accompagnarli, documenti falsi che servivano anche a coprire la mancata sterilizzazione.

Agli indagati, la Procura di Roma contesta “condotte di falsità materiale e ideologica in atti pubblici”, oltre all’associazione a delinquere. Alla luce della dimensione internazionale del business del clan, gli inquirenti chiedono l’aumento di un terzo della pena, secondo quanto stabilito dall’art. 4 del decreto legislativo 146/2006.

Pietro Cozzolino e il fratello Aniello, ricostruiscono gli investigatori, avevano nell’hinterland napoletano il loro feudo, soprattutto tra i comuni di Portici ed Ercolano. Ma negli anni il loro giro d’affari è progressivamente uscito dai confini dei loro territori d’origine fino ad avere come prova quest’ultima inchiesta, una dimensione sempre più internazionale. Aniello Cozzolino, già condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, è latitante dal 2008.

Chiara Baldi