La polizia davanti alla sede del Pd colpita dall'atto vandalico

La polizia davanti alla sede del Pd colpita dall’atto vandalico

Un’altra sede del Pd violata. La terza solo in pochi giorni. Stavolta tocca a un circolo torinese poco lontano dagli storici stabilimenti Fiat. Vetrine rotte e svastiche sui muri: quando la polizia è arrivata, ha trovato in subbuglio gli uffici di via Dina 51. Dei vandali sono entrati nella tarda serata di lunedì 24 novembre e hanno imbrattato le stanze della sezione. Nelle stesse ore in cui il Pd organizzava un incontro sul contestato Jobs Act, sempre in città. Gli agenti hanno acquisito le immagini della videosorveglianza per cercare di identificare i responsabili.

«Il Pd non si farà intimidire», assicura Fabrizio Morri, segretario provinciale del partito che fa appello a tutti perché: «in questo momento difficile si misurino le parole e si contribuisca tutti a costruire un clima più sereno». Prima di lui, da subito nel cuore della notte, il segretario regionale Davide Gariglio aveva preso lo stesso impegno: «Ripareremo i danni e continueremo ad essere presenti». Sarà ora la procura ad accertare la matrice dell’attacco.

Questo in Piemonte, in realtà, è solo l’ennesimo atto vandalico contro i simboli del Partito democratico. Solo due giorni prima a La Spezia, proprio nella domenica del voto in Emilia e Calabria, era stato preso di mira il circolo dem di via del Canaletto, nel quartiere del Favaro: scritte «No Tav» e stesse scene di devastazione. Così come due settimane prima era succeso in modo ancor peggiore a Milano, al Corvetto, teatro degli scontri durante gli sgomberi di due centri sociali locali. A questo punto sono tre le sedi del partito violate in meno di due settimane. Fatti seguiti con preoccupazione anche da Roma, alla sede del Nazareno. E c’è chi come Massimo Caleo pensa di portare il caso all’attenzione dell’aula del Senato.

La scorsa estate analoghi attacchi si erano verificati a Bologna, Trento, Firenze e il Pd aveva sollecitato una risposta dal Ministro dell’Interno.

Marta Latini