Little Tony in un concerto recente ph. corriere.it

È stato per tanti anni il “Cuore matto” della musica italiana. Lunedì sera non ce l’ha fatta. Little Tony, l’Elvis italiano originario di Tivoli è morto a 72 anni nella clinica romana Villa Margherita, dove era ricoverato da tre mesi, malato di tumore. I funerali si svolgeranno giovedì al Santuario del Divino Amore a Roma.

Little Tony, all’anagrafe Antonio Ciacci, aveva iniziato a esibirsi nei ristoranti dei Castelli Romani per passare presto ai locali di ballo, le balere e i teatri di avanspettacolo. Nel 1958 arriva la svolta: l’impresario inglese Jack Good lo nota e lo convince a partire per l’Inghilterra, con i suoi fratelli. È lì che nasceranno “Little Tony and his Brothers”. In Gran Bretagna rimane diversi anni, si innamora del rock and roll, genere musicale che lo accompagnerà per tutta la vita e incide singoli meno conosciuti.

La prima occasione per diventare noto al grande pubblico italiano arriva nel ’61 con il Festival di Sanremo dove in coppia con Celentano canta Ventiquattromila baci, che ottiene il secondo posto. Il primo successo discografico è del ’62, ‘Il ragazzo col ciuffò, per tornare poi a Sanremo nel ’64 con ‘Quando vedrai la mia ragazzà. Con ‘Ridera” del ’66 vende quasi un milione di copie. Il suo più grande successo resta, però, “Cuore matto” che canta a Sanremo nel ’67. Resterà al vertice delle classifiche per molte settimane in Italia aprendogli le porte di Europa e America del sud. Ultimamente, nel 2008 è tornato al Festival di Sanremo per festeggiare 50 anni di carriera con un brano da titolo simbolico ‘Non finisce qui’. I suoi problemi di salute erano cominciati nel 2006 quando era stato colpito da infarto durante un concerto in Canada.

Tante le reazioni sia sui social network, sia dai colleghi artisti. Tra gli altri, Renzo Arbore ha voluto ricordare la «colonna sonora» del pop italiano. «Con lui se ne va davvero un mondo», ha detto. Anche Nino D’Angelo ricorda il «personaggio storico», per quelli che «come me, hanno iniziato la carriera girando “musicarelli”, anzi sono il più “piccolo” di quella generazione che ha realizzato film di successo partendo da una canzone», ha aggiunto D’Angelo.

Luigi Brindisi