La sua interpretazione di “Motherless Child/Freedom” fece impazzire Wookstock. Era il 1969 quando l’evento musicale più celebre di sempre radunò a Bethel, una piccola città dello stato di New York, più di 400 mila giovani. Richie Havens era lì. E fu il primo a esibirsi. Alle 17:07 di quel venerdì 15 agosto impugnò la sua chitarra e intonò “High flyin’ bird”. “Freedom” fu il suo ultimo pezzo, il settimo: esaurito il repertorio, sotto la spinta di un pubblico avido di musica, improvvisò e cantò il suo inno alla libertà.

A più di 40 anni da quello storico pomeriggio, lunedì 22 aprile Richie Havens è morto per un attacco di cuore nella sua casa nel New Jersey. Aveva 72 anni. A darne la notizia, il suo agente Tim Drake.

Una carriera cominciata negli anni ’60 per le strade e i locali di Greenwich, consacrata da Wookstock con la benedizione di John Lennon, che su “Rolling Stone” definì la sua musica “fortemente funky”. Poi numerosi concerti di beneficienza, iniziative di solidarietà e un concerto, nel 1993, in onore dell’inaugurazione della presidenza di Bill Clinton. «Oltre alla musica, chi lo ha conosciuto ne ricorderà la natura gentile e compassionevole, l’humour leggero e la presenza energica», si legge in un comunicato diffuso dai familiari.

Di canzoni proprie, in realtà, Richie Havens ne scrisse poche. Di cover, invece, ne incise moltissime. E con la sua “pennata” veloce e vigorosa aggiunse il suo originalissimo tocco a capolavori di grandi artisti come Bob Dylan e i Beatles.

Giulia Carrarini


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