Antonio Russo, tra i più grandi collezionisti europei di fashion dolls

I fedeli erano tutti pronti. Seduti tra le file di sedie in attesa della cerimonia. Davanti a loro l’altare, coperto da una tovaglia di seta bianca, pronto per ospitare il tabernacolo e il libro sacro. Ma al posto dell’organo che allieta l’attesa dei credenti, risuonava una canzone pop, di quelle che hanno segnato l’adolescenza di milioni di persone. «I’m a Barbie girl, in a Barbie world». Già, perché la messa in questione, di religioso ha solo la passione cieca dei presenti. Il vero corpo di Cristo celebrato all’Hotel Melià di Milano ha le sembianze della bambola americana più famosa del mondo. La Barbie.

E come ogni messa che si rispetti, non poteva mancare il celebrante. Un vescovo laico, vestito in abiti religiosi. Tutti qui lo conoscono. È Antonio Russo, medico napoletano, tra i maggiori collezionisti europei di bambole. Ne ha più di 5.000, alcune delle quali sono state esposte alla mostra «Barbie. The icon» al Museo delle Culture di Milano nel 2016. A passi lenti, accompagnato questa volta dalla musica sacra, arriva all’altare per cominciare la celebrazione.

È lui il porporato improvvisato chiamato a tenere conferenze nelle Doll Convention di tutto il mondo. Stringe nelle mani una Barbie sposa, protetta da una teca come fosse un tabernacolo, e va a posarla sull’altare, dando il via alla cerimonia. Lo seguono due cardinali. Il primo porta una scarpetta gigante, simbolo della bambola americana. Per i più maliziosi o feticisti, è il calice di questa ironica liturgia eucaristica. Il secondo stringe il catalogo della mostra al Mudec, la prima monografia italiana dedicata alle Barbie, come fosse una Bibbia. È l’inizio del tradizionale sfilata dell’Italian Doll Convention 2017, il momento in cui collezionisti e designer di tutto il mondo si travestono con gli abiti delle loro bambole preferite.

Qualcuno sfila reggendo la Barbie che rappresenta. Sembrano due gocce d’acqua: si distinguono solo perché una è viva e l’altra un pezzo di plastica. Il “vescovo” presenta ai fedeli queste bizzarre bambole viventi, chiamandole con il loro nome commerciale. Vengono accolte tra i flash dei fotografi e dai mormorii di stupore dei “fedeli”, prima di essere congedate con un «Oremus». Qui per alcuni le Barbie sono una religione, per altri un lavoro. Ma in fondo, per tutti, sono un’ossessione.

Da sinistra a destra: Antonio Russo, Gianni Grossi (Magia 2000), il principe di Cenerentola e Cenerentola in versione terza età

Sulla passerella sfila il gruppo di Barbie Cenerentola, nella triplice versione giovane, adulta e terza età, accompagnate dai rispettivi principi: sono 5 amici provenienti dalla Francia, che passeranno il dopo sfilata a farsi fotografie in tutte le combinazioni possibili. Dopo di loro prendono la scena la sposa eterna, la Bella e la Bestia, la Barbie di ghiaccio, la Barbie underground e molte altre versioni celebri o dimenticate di questo simbolo della cultura americana. Davanti al trio di porporati si sprecano baci e promesse d’amore tra principi e principesse, spose e sposi. E poi c’è pure chi vestita da Barbie in abiti da uomo, chiede la mano alla sua donna seduta tra il pubblico.

A un neofita potrebbe sembrare un bizzarro raduno di Cosplay, ma sotto quelle vesti non ci sono semplici appassionati. Qui sono tutti collezionisti di fama internazionale, designer e stilisti di abiti e bambole d’autore. L’estetica trash dell’evento è studiata con divertita precisione, a metà tra la citazione obbligata del colore della fashion doll per eccellenza, il rosa, e l’autoironia di chi coltiva con costanza le proprie ossessioni, sapendo di averle espropriate al territorio dell’infanzia. Nessuno infatti si prende troppo sul serio, anche se per tutti le fahion doll sono un affare serissimo.

Italian Doll Convention – Fin dal primo passo che si fa nel lussuoso Hotel Melià di Milano, da sette anni sede dell’Italian Doll Convention, è evidente che non vi si troveranno orde di bambine o ragazzine vocianti. Nella hall le persone si radunano in gruppetti e usano l’inglese come lingua franca, tra le lucide decorazioni in stile antico Egitto, un bar che sembra uscito dalla fantasia di Fitzgerald e scalinate da favola che diventeranno il set perfetto per le foto tra principi e principesse (foto con perdita della scarpetta, foto tu in basso io in alto e viceversa, foto io seduta sui gradoni e tu in piedi e viceversa).

La hall dell’Hotel Melià, sede dell’Italian Doll Convention

L’evento è esclusivissimo, dura un intero finesettimana e per metà è riservato ai collezionisti, che per partecipare pagano un’iscrizione di 200 euro, comprensiva di cena di gala, pigiama party, eventi culturali privati sul mondo delle Barbie e una fashion doll in tiratura limitata prodotta in esclusiva per la convention dalla Mattel, la casa di giocattoli, ops!, di Barbie che sponsorizza l’evento milanese. Solo gli eventi della domenica, un’asta di beneficienza e una mostra scambio, sono aperti al pubblico.

Negli Stati Uniti e in Russia il mercato delle fashion dolls ha raggiunto numeri impressionanti, ma anche in Italia negli ultimi anni si è assistito a un piccolo boom. La Convention milanese non è l’unica nel Belpaese. Ce ne sono anche a Roma e a Rimini, anche se quella di Milano è la più grande in Europa per numero di collezionisti partecipanti. Solo quest’anno c’erano 250 iscritti da 15 paesi diversi. Come Ivan Lopez, spagnolo, collezionista e tra gli organizzatori del raduno spagnolo, che si terrà il 21 e 22 ottobre: «anche la nostra Convention a Madrid è molto grande e il tema di quest’anno sarà il mare». Come molti altri invitati, arriva alla cena di gala reggendo una bambola in abito da sposa: il tema del raduno di quest’anno è Barbie sposa e i collezionisti si sono creati o fatti creare un abito personalizzato per la propria Barbie dal loro fashion designer di fiducia.

Ivan Lopez, tra gli organizzatori della Spanish Doll Convention, con una Barbie con abito fatto realizzare appositamente per la serata milanese

Tra Barbie, fashion dolls e pezzi da collezione – Tutto comincia nel 1959, quando Ruth Handler, moglie del fondatore della Mattel, nota la figlia Barbara ritagliare dalle riviste foto di celebrità dell’epoca per giocarci come marionette. Da qui l’intuizione che una bambola può assumere anche forme adulte: le bambine volevano immedesimarsi coi problemi dei genitori, coi travagli dell’amicizia, dell’amore e della gestione della casa. Non volevano solo badare a bambolotti mocciosi e paffutelli. Ruth vedrà una bambola tedesca dalla vita stretta e le gambe affusolate in un negozio di giocattoli a Locarno e quella che era solo un’intuizione diventerà un brevetto. Barbie è la prima fashion doll, la più famosa e quella che ha dettato la linea a tutte le altre. Dopo di lei ne sono nate diverse e gli artisti si sono sbizzarriti nel creare a loro volta OOAK (one of a kind), cioè pezzi unici a partire dal corpo di una Barbie (truccandola, sostituendo i capelli, creando abiti e accessori originali). Ci sono poi persone che preferiscono fabbricarsi la propria linea di bambola fatta in laboratorio, sporcandosi le mani con l’argilla, la resina e la pasta sintetica.

Il collezionismo di fashion doll è di diversa natura: c’è chi colleziona Barbie originali, chi colleziona Barbie abbigliate con abiti prodotti appositamente, spesso in pezzi unici, e chi colleziona bambole con tiratura limitatissima. E poi ci sono gli ossessionati top: quelli che le collezionano tutte.

Rosella Iobbi, collezionista di Ascoli Piceno

La prima Barbie prodotta dalla Mattel, del 1959, può arrivare a valere 10-15 mila euro, e Rosella Iobbi, ce l’ha: è una delle oltre 2000 della sua collezione, diventata recentemente anche un museo a Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno. Rosella ha pezzi unici creati dai fashion doll designer più famosi d’Italia: tra gli altri Francesco Catalano e Magia2000. Quest’ultimo è un duo artistico composto da Gianni Grossi e Mario Paglino, gli organizzatori della Convention milanese. La prima bambola di Mario Paglino gli è stata regalata dai genitori nel 1984: una Barbie Dream Date, ora ne ha più di 1000 e disegnare e produrre abiti per Barbie in pezzi unici per collezionisti di tutto il mondo è diventato il suo lavoro.

Ma le star di quest’anno, per la prima volta in Italia, sono le Popovy Sister: Katya e Lena, due designer russe apprezzate in tutto il mondo. «Fin da piccole disegnavamo abiti e bambole, nel 2004 abbiamo iniziato a creare portarait dolls, cioè fashion doll di personaggi famosi: per esempio Madonna o Jack Sparrow» (si prende una Barbie la si sveste, la si strucca, le si tolglie la parrucca e la si ricrea da capo). Poi nel 2008 l’idea di creare linee di fashion dolls tutte loro, e fin dalla prima presentazione al pubblico, all’International Doll Salon di Mosca, è stato un successo inaspettato. Ma la bambola che più le ha fatte sognare da piccole, molto desiderata e ottenuta a fatica, è stata ovviamente Barbie: «non essendo ricche, in Urss nel 1992 era difficile procurarsela, fortuna volle che la vincemmo ad un concorso». Per realizzare una fashion doll della loro serie, dalla progettazione iniziale di corpo, abiti e accessori al prodotto finito, possono metterci dai 2 ai 6 mesi. Sui prezzi mantengono la riservatezza, ma i collezionisti che hanno fatto affari con le sorelle parlano di un costo base di 1.300 euro per una fashion doll nuda, sprovvista di parrucca, abiti e accessori, fino a 5.000 per una fashion doll completa.

Le Popovy Sister, da Ekaterinburg, posano con la loro ultima creazione, fatta in collaborazione con Die Antwoord e presentata a Milano in anteprima

Stefania Balasso di Schio (Vicenza) ha 14 delle loro creazioni: «ci conosciamo da due anni, ci parliamo ogni giorno, siamo diventate amiche ormai, ma è la prima volta che le vedo. Ormai mi affido al loro gusto, gli dico: fatemela come la fareste per voi, e grazie a me riescono a ideare e sviluppare nuove linee». Pur non vivendo in Russia, anche per lei l’acquisto della prima Barbie non è stato semplice. La prima fu una Barbie Malibù ereditata dalla sorella, poi una ballerina nera: «non la apprezzai, non era come tutte le altre, ed eravamo nel ’75». Poi venne finalmente la prima Barbie dei sogni: «Misi via i soldi nella cassetta dei risparmi che mi diedero in prima media e alla fine dell’anno acquistai la mia Barbie». Ma poco dopo la passione svanì, o almeno così sembrò per molti anni: «con l’adolescenza le accantoni, te ne vergogni, le dai ai nipoti», fino a che non è nata la figlia, nel 2006, «e con la scusa di lei ho cominciato ad acquistare bambole: è stata la mia fine!». Ride, perché in fondo è stato anche un inizio: l’inizio di una collezione che tutti le invidiano (sono in molti a fermarla, salutarla, presentarsi). La beffa è stata che alla figlia le bambole non sono mai piaciute, ora ha 11 anni e quelle che le regalano vorrebbe venderle per prenderci altro: «a volte vorrebbe venderle a me». Stefania è stata a diverse Convention, è tornata tre mesi fa dal festival privato organizzato a New York da Ninimomo e a fine anno ha intenzione di partecipare anche alla Convention parigina.

Nickis Fabbrocile, il più famoso fashion doll designer italiano

Non sono molti i creatori di fashion dolls italiani, il più famoso è Nickis Fabbrocile, ventisette anni, napoletano trapiantato a Milano. Nickis ha amato le bambole fin da bambino e nel 2008 ha cominciato a creare abiti per Barbie. Dopo il successo ottenuto con la mostra alla National Barbie Convention di Los Angeles, due anni fa, decide di buttarsi nella sfida delle OOAK in resina porcellanata: è il primo italiano a farlo. In due anni le sue bambole hanno raggiunto quotazioni importanti sul mercato internazionale ed è stato inserito tra i migliori Fashion Doll designers del mondo da The Finest Dolls of the World, pubblicazione russa di riferimento per tutto il settore. All’Italian Doll Convention ha portato solo quattro delle sue creazioni, tutte vendute a prezzi di poco inferiori ai 2.000 euro.

Luca Bradshaw, collezionista e Barbie fashion stylist

Ma tra gli appassionati di fashion dolls non ci sono soltanto collezionisti e creatori di abiti, c’è anche chi, come Luca Bradshaw, le veste e crea «abbinamenti alla moda». Luca si aggira tra i banchi con la sua bambola in mano, reggendola per i piedini: «questo abito l’ho acquistato oggi da una ragazza che li crea e ho cercato di abbinarlo rendendolo più “streetstyle” possibile, che è lo stile che piace a me. Io abbino, mischio vintage e moderno, creo look e mi diverto a farli i più veritieri e realistici possibili. A questa per esempio ho fatto io i capelli, la frangia, le ho messo il “setup”, l’ho resa più attuale». Luca si è appassionato alle bambole giocandoci da piccolo con la cugina, il passo successivo è stato chiedere alla madre di regalargli una Barbie Profumo, «poi sono arrivati i camper, la casa: ne avevo più delle mie vicine femmine». Ma anche per lui c’è stato un periodo di pausa durante l’adolescenza: «Ci ho giocato fino ai 13 anni, poi ho smesso fino al 2009, quando in occasione dell’anniversario mi ci sono riappassionato. Ora non le conto più, ma saranno attorno alle 500. Il loro armadio è più rifornito del mio». La passione per le bambole è legata anche al suo lavoro: addetto vendite nel settore della moda, per cui le usa come manichini di prova, ma sono anche compagne di viaggio fisse: «La cosa che mi piace di più è farle viaggiare in giro per il mondo, per esempio a New York o in Giappone: mi porto con me un o due bambole con le loro valigie e i loro vestiti e le fotografo davanti ai vari monumenti».

Di bambine, alla Convention, neanche l’ombra.