Latino alle medie, Bibbia alle elementari, via la geostoria. Sono queste alcune delle nuove Indicazioni Nazionali per le scuole del primo ciclo che il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha anticipato in un’intervista a Il Giornale. «Abbiamo disegnato il cammino di bambini e adolescenti dai 3 ai 14 anni, insomma il percorso dall’infanzia alle medie. Ma stiamo lavorando anche per le superiori. E introduciamo molte innovazioni», ha dichiarato. Una riforma elaborata da una commissione guidata da Loredana Perla, professoressa di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Bari, alla quale è stato affidato il coordinamento scientifico. Fra i membri del think tank, lo storico ed editorialista del Corriere Ernesto Galli della Loggia, il latinista Andrea Balbo e il presidente emerito dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini.

I contenuti – Le nuove indicazioni prevedono che fin dalla seconda elementare i bambini vengano avvicinati ad alcuni grandi classici della letteratura – come Jules Verne e Robert Louis Stevenson – ma anche alla poesia, con i componimenti di autori come Giovanni Pascoli e Umberto Saba. Poesie, tra l’altro, da imparare a memoria, insieme ad altre filastrocche. Sempre alle elementari – ed è questo forse uno dei punti più controversi della riforma in via di definizione – la storia dovrà essere insegnata come «grande narrazione», per usare le parole del ministro: fra i grandi racconti compare, per prima, la Bibbia, accompagnata poi dall’epica classica, e cioè Iliade, Odissea, Eneide, ma anche le saghe norrene. Infine, nuovo impulso all’insegnamento musicale.
Alle medie, invece, è stato deciso il ritorno del latino a partire dalla seconda: sarà un’ora alla settimana, ma facoltativa, a scelta delle famiglie. Infine, verrà riformato lo studio della storia: abolita la geostoria, dunque ogni ibridazione con la geografia dal respiro più mondiale o internazionale, per concentrarsi sulla storia italiana, europea o, al limite, americana. In una parola, occidentale.

Le critiche – Le decisioni del ministero sono state contestate dal sindacato degli studenti Uds. In un comunicato, il coordinatore nazionale Tommaso Martelli ha definito le nuove indicazioni – e in particolare la restrizione della storia allo studio della storia d’Italia – come «una scelta che prende la direzione di una scuola estremamente nazionalistica». Inoltre, riferendosi all’introduzione della Bibbia e alla rimozione della geostoria, aggiunge: «Questa riforma è inaccettabile su ogni livello. L’introduzione dello studio della Bibbia nel programma è una chiara scelta politica in linea con le idee reazionarie e conservatrici del governo».

La prospettiva didattica – La professoressa di latino e greco del liceo classico Parini di Milano, invece, analizza la proposta ministeriale di reintrodurre il latino alle scuole medie da un punto di vista più strettamente didattico e pedagogico, evidenziando i rischi che un approccio sbagliato all’insegnamento precoce della materia potrebbe comportare: «Se è un’ora in più di latino affidata all’insegnante di italiano, c’è un po’ il pericolo che il latino serva a sostenere l’analisi logica e lo studio dei casi, un po’ come si faceva una volta». Un doppio rischio, questo: non solo la noia in classe, ma anche la svalutazione della lingua dell’antica Roma e il conseguente allontanamento dei ragazzi dai licei in cui viene insegnato. Un modo sicuramente più costruttivo e interessante per insegnare latino alle medie, prosegue la professoressa Suardi, sarebbe viceversa quello di «tradurre le poesie di Catullo, leggere qualcosa di Cesare, o le iscrizioni di Pompei. Insomma, qualcosa di vero: dev’essere un insegnamento appoggiato alla concretezza di un elemento di cultura, come i testi in cui una società si è espressa. Testi belli, che parlino ai ragazzi. Non il latino arido e astratto che serve solo per capire i complementi». Solo così l’apprendimento del latino può essere «un’ esperienza formativa avventurosa, allegra, significativa. La scuola, in fondo, funziona se accende».