Tutti, improvvisamente, conoscono e ascoltano la musica di David Bowie. L’accusa giunge a gran voce da parte dello zoccolo duro dei fan storici dell’artista inglese, morto domenica 10 gennaio dopo un anno e mezzo di lotta contro il cancro. Il loro appunto si colloca a metà strada tra la diffidenza e l’orgoglio di chi ha creduto, seguito, amato da sempre una delle stelle polari – forse la più luminosa – dell’arte contemporanea. Sì, è vero. Le cose stanno proprio così: la musica di DB – come lo chiamano loro, i fan di una vita – è schizzata in testa a tutte le classifiche possibili e immaginabili.
L’ultimo album Blackstar, uscito il giorno del compleanno del cantante (l’8 gennaio scorso), è l’album più venduto su Amazon, a poche ore dall’annuncio sui social media della scomparsa del camaleontico artista inglese, all’età di 69 anni. Stesso discorso se andiamo a vedere le cifre di iTunes in America e in Inghilterra, patria di Bowie. Qui l’icona rock domina la top ten anche con altri tre album, Best of Bowie del 2002, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del 1972 e Hunky Dory del 1971. Un portavoce di Spotify, il servizio di streaming musicale, ha dichiarato che l’11 gennaio c’è stata un’impennata di ascolti del 2.700% rispetto al giorno precedente. I cinque brani prescelti sono, nell’ordine: Under Pressure, Space Oddity, Let’s Dance, Life on Mars? e Heroes.
David Bowie è uno degli artisti che ha venduto di più nella storia della musica: il suo patrimonio ammonta secondo le stime più recenti a centinaia di milioni di dollari. Ha scritto quasi settecento canzoni e ha fatto girare nel mercato circa 140 milioni di dischi. Quaranta milioni di dollari sono stati accumulati, secondo quanto riporta il Daily Mail, con il solo Reality Tour, che nel 2004 lo portò in tutto il mondo. La fortuna sarà sicuramente incrementata dall’eco della scomparsa, dalla caccia ai pezzi cult, come sta succedendo proprio in questi giorni e come accade in realtà a tutte le star. Specie se erano dei miti già da vivi. Sono discorsi un po’ stonati rispetto alla perdita – parlare di top-ten, di dollari, di bilanci economici – ma è un tema direttamente legato all’evento, è una conseguenza naturale. Allo stesso modo lo è il proliferare di persone che si mettono tutto d’un tratto a ripassare la discografia fino a pochi giorni prima ignorata o semplicemente dimenticata.
L’osservazione dei fan storici rispetto ai fan neofiti più o meno consapevoli va compresa. E in qualche modo hanno anche ragione. Ci sono però due considerazioni da fare: la prima è che la “moda Bowie” può essere comunque un’ottima occasione per entrare nell’universo di un talento senza dubbio unico. La seconda considerazione forse la formulerebbe lui stesso, elaborando una delle molte citazioni riproposte dalla stampa negli ultimi giorni. «Quando un artista ha completato la sua opera, essa non gli appartiene più. Guardo semplicemente ciò che ne fa la gente».
Marta Latini