«La palma o qualsiasi altro premio a film che non escono in sala? Sarebbe un paradosso». Pedro Almodòvar, presidente della giuria del 70° Festival di Cannes, sfida Netflix con un foglietto di carta, quello da cui ieri, 17 maggio, durante la prima conferenza stampa della kermesse, ha letto la sua dichiarazione. «Le piattaforme digitale in sé sono un principio giusto, ma queste non dovrebbero sostituire la sala cinematografica né alterare le abitudini degli spettatori. Le nuove piattaforme – ha proseguito lo spagnolo – devono accettare le regole attuali del gioco. La prima volta un film va visto su uno schermo che non sia più piccolo della sedia su cui stiamo seduti». Il cineasta spagnolo si schiera così contro i due – attesissimi – film in concorso prodotti da Netflix: The Meyerrowitz stories di Noah Baumbach, con Dustin Hoffmann e Ben Stiller, e Okja di Bong Joon Ho con Jake Gyllenhaal e Tilda Swinton.

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Pedro Almodòvar, Presidente di giuria del Festival di Cannes 2017

L’eccezione francese  Sulla parole dello spagnolo il Festival non si è ancora espresso. Ma Almodòvar sembra sulla stessa lunghezza d’onda degli organizzatori della manifestazione che, dalla prossima edizione, quella del 2018, hanno deciso di bandire i film che non usciranno nei cinema. Scelta arrivata dopo che Netflix aveva declinato la proposta di Thierry Frémaux, delegato del Festival, di portare i due titoli sul grande schermo. Il motivo? La cosiddetta «eccezione culturale francese», una legge molto attenta alle ragioni di esercenti e distributori che prevede 10 mesi di intervallo prima che un film possa arrivare sulla pay-tv, 22 mesi per la televisione pubblica e addirittura 3 anni prima che possa arrivare su una piattaforma di streaming. Decisamente troppo per i tempi a cui è abituata l’azienda americana.

La talpa – Da Cannes però, si levano anche voci contrarie alle parole di Almodòvar. Tra queste quella di Will Smith, esordiente tra i giurati di Cannes, che si è schierato a difesa della piattaforma (per cui prossimamente girerà Bright, film di David Ayer). Secondo l’attore americano il servizio statunitense «non impedisce ai giovani di vedere in film in sala». Per dimostrarlo, porta l’esempio dei suoi tre figli, che hanno tra i 16 e i 24 anni e alternano visioni al cinema e sul divano di casa: «Netflix a casa mia ha portato tanto buon cinema e ci ha fatto scoprire capolavori del passato che avevamo perduto». Uno scontro tra due visioni opposte: da un lato una casa di distribuzione che inizia a produrre, ha 93 milioni di abbonati in tutto il mondo e vuole vedere i propri film a disposizione dei clienti il prima possibile. Dall’altro un modello come quello transalpino che, nella sua rigidità, funziona, visto che l’anno scorso gli incassi nelle sale francesi sono aumentati, arrivando a 1,39 miliardi di euro, mentre il cinema Usa è rimasto a 1,32 miliardi, le stesse cifre registrate l’anno precedente.