Fermo immagine da “Ballando con le stelle” (ANSA)

Cacciato per una maglietta fascista. Per Enrico Montesano “Ballando con le Stelle” si chiude qui. La Rai ha deciso di espellerlo dal programma dopo che l’attore romano si è esibito durante le prove con una maglietta della formazione militare X Mas, un’unità speciale della Repubblica Sociale Italiana che sostenne i nazisti dopo l’armistizio.

In una nota diffusa alla stampa, la Rai ha definito “inaccettabile” quanto accaduto. Montesano si è scusato e si è dichiarato lontano da ogni ideologia fascista, anche se ha annunciato di voler far causa all’azienda colpevole, secondo lui, di aver visionato in anticipo i filmati sotto accusa e di non aver preso posizione. Continua però a essere una questione aperta l’effettiva punibilità dell’apologia di fascismo nel sistema italiano. Rispetto alla Germania, che allo stesso modo deve fare i conti con la propaganda neonazista, il reato di difesa e di diffusione dei simboli legati al fascismo trova difficilmente terreno di applicazione.

La normativa italiana – La ricostituzione del partito fascista e l’apologia di fascismo sono vietate dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana, attuata nella legge Scelba del 1952. All’articolo 4 si punisce con reclusione o multa chiunque esalti pubblicamente esponenti, fatti o metodi del fascismo. La pena è aumentata quando questo avviene a mezzo stampa, o con altri mezzi di diffusione o propaganda. Negli anni è risultato difficile applicare la norma per un presunto contrasto con l’articolo 21 della Costituzione, che protegge la libertà d’espressione. La Corte costituzionale si è pronunciata contro questo conflitto, ma lo spazio di interpretazione alla prova dei fatti rimane comunque ampio. Al momento, ci sono otto persone indagate per apologia di fascismo in seguito al raduno di Predappio per il centenario della marcia su Roma.

A che punto siamo – Nel 2017 il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano ha presentato un disegno di legge contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti: il ddl si è fermato in Senato, ed è stato riproposto, su iniziativa popolare, nel 2021. Il progetto di legge prevede l’inserimento nel codice penale di una norma specifica che, tra le altre cose, vieta la vendita di beni raffiguranti immagini, figure e simboli chiaramente riconducibili al partito fascista e al partito nazista. L’iter legislativo si è interrotto per lo scioglimento delle Camere. A ottobre di quest’anno il deputato Pd Walter Verini ha ripresentato un disegno di legge identico a quello di Fiano.

La normativa tedesca – La Germania ha mantenuto un approccio diverso dall’Italia nel gestire il rapporto con il proprio passato. Il divieto di diffusione e propaganda di simboli legati al nazismo, e il divieto di difendere pubblicamente o negare gli atti compiuti dai nazisti – includendo in questo modo i negazionisti dell’Olocausto – sono previsti dagli articoli 86, 86 a) e 130 del codice penale tedesco. La pena non è dissimile da quella prevista in Italia, ma l’elenco di azioni che ricadono sotto queste norme è più preciso. Ha fatto scalpore nel 2018 il caso del videogioco Wolfstein II: The New Colossus, basato sulla lotta ai nazisti, la cui versione tedesca era stata presentata senza svastiche o riferimenti espliciti a Hitler. L’USK, l’ente tedesco che si occupa di classificare i videogiochi per le diverse fasce d’età, è intervenuto, eliminando il divieto dell’utilizzo di svastiche: sono ora permesse in determinati contesti in cui aiutino a comprendere la portata storica degli eventi passati, o comunque con finalità educativa. Dopo tre attacchi terroristici riconducibili alla propaganda di estrema destra tra 2019 e 2020, la Germania ha invece ulteriormente rafforzato il Network Enforcement Act del 2017 (conosciuto anche come Facebook Act), che prevede multe fino a 50 milioni di euro per le piattaforme social che ritardino nel rimuovere post incitanti all’odio.