Prima al cinema, poi, ma solo dopo tre mesi, su Netflix e sulle altre piattaforme di streaming video. Il ministro Bonisoli sta per licenziare il decreto relativo ai film italiani in difesa di gestori di sale cinematografiche, registi e produttori. Viene così certificata come norma quella che per anni è stata solo applicata per prassi: dovranno passare 105 giorni dall’uscita di un film italiano sul grande schermo, prima che questo possa essere diffuso sui siti di streaming. L’annuncio di quella che è già stata battezzata «norma anti Netflix» è arrivato con un video messaggio nel corso della presentazione a Roma di una ricerca condotta da Agis, associazione generale dello spettacolo, e università Iulm: «Mi accingo a firmare un decreto che regola le finestre di tempo in base a cui i film devono essere prima distribuiti nelle sale e dopo su tutte le piattaforme che si vuole – ha spiegato Alberto Bonisoli (M5s), ministro dei Beni e delle Attività Culturali, che ha motivato la sua scelta con la necessità di assicurare che «chi gestisce una sala sia tranquillo nel poter programmare i film senza che questi siano disponibili su altre piattaforme». Con il decreto, che interviene a modificare la legge sul cinema del 2016 voluta da Matteo Renzi e Dario Franceschini, Bonisoli prende posizione e si schiera contro lo sfruttamento dei film italiani sul grande e piccolo schermo nello scontro tra produttori cinematografici e i giganti dello streaming, come Netflix, Tim Vision e Amazon Prime Video. Il tutto dopo le polemiche che hanno accompagnato l’uscita del film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, dedicato alla vicenda di Stefano Cucchi e prodotto da Netflix, proiettato in contemporanea nelle sale e sulla piattaforma di streaming video.
Decreto anti concorrenza sleale – «Evitare la concorrenza sleale e rilanciare il cinema come elemento di promozione della cultura è una richiesta che facciamo da tempo – ha commentato Carlo Fontana, presidente di Agis – finalmente si è trovata una soluzione che salutiamo con grande piacere». Il lasso di tempo che dovrà passare dall’uscita in sala, alla diffusione sulle piattaforme potrà comunque essere ridotto a 60 giorni nel caso in cui l’opera sia proiettata su meno di 80 mila schermi e non superi 50mila spettatori. Mentre scenderà a 10 giorni se la programmazione sarà limitata a soli tre giorni feriali. «Questi provvedimenti – ha spiegato Lucia Bernasconi, sottosegretario del Mibac – mirano a venire incontro alle esigenze dei film italiani che non riescono a rimanere in sala per un tempo sufficiente, o che non abbiano un riscontro di pubblico soddisfacente». Insomma, più che di una norma anti-Netflix, si tratta di un «decreto finestre», che vuole stabilire una tempistica precisa ma flessibile per le opere in uscita e in circolazione, soprattutto quelle che abbiano ricevuto contributi pubblici. Anche Francesco Rutelli, presidente di Anica, Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive ha sostenuto la proposta, definendola: «Un buon accordo tra tutte le componenti della filiera del cinema italiano».
Italia e cinema – Secondo la ricerca condotta da Agis e Iulm, il cinema resta la forma di spettacolo preferita a livello nazionale. Stando ai dati riportati, il 97% degli italiani è stato al cinema almeno una volta nell’ultimo anno e il 94% degli spettatori si è detto soddisfatto della qualità dell’offerta. La frequenza rimane però bassa: solo il 20% delle persone va al cinema per più di due volte a settimana. Per Bonisoli, il prossimo passo sarà rilanciare la programmazione estiva: «Stiamo lavorando con produttori e distributori – ha commentato – affinché la prossima sia la vera prima estate del cinema italiano, con grandi blockbuster che escono già ad agosto».