È “rage bait” la parola del 2025 secondo l’Oxford English Dictionary. Un termine che magari non tutti conoscono, non in Italia almeno, ma che è perfetto per offrire il ritratto dell’ecosistema mediatico di oggi, dove l’indignazione e la rabbia sono un carburante fondamentale. Ad annunciarlo è l’Oxford University Press, come riporta la Bbc. «In una perfetta sintesi del caos del 2025, e in seguito a un voto pubblico e all’analisi dei nostri esperti linguistici, rage bait è stata incoronata parola dell’anno», ha affermato l’editore in un post su Instagram.
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Esca della rabbia, clickbait e troll – Il dizionario identifica “rage bait” con un contenuto online creato appositamente per provocare rabbia o indignazione attraverso elementi provocatori o offensivi, pubblicato di solito per aumentare il traffico o l’interazione su una particolare pagina web o piattaforma di social media. Da una parte sembra quindi ricordare un’altra esca del mondo dell’internet, quella del “clickbait“, in cui un titolo viene usato per catturate e invogliare un lettore a leggere un articolo o guardare un video. Dall’altra richiama i famosi e fastidiosi “troll“, gli utenti di comunità virtuali, solitamente anonimi, che intralciano il normale svolgimento di una discussione inviando messaggi provocatori, irritanti o fuori tema.
Le finaliste – La selezione della parola dell’anno è avvenuta in base a una votazione online sul sito web dell’editore dell’Oxford English Dictionary. All’inizio erano tre le parole nella rosa delle candidate: oltre a “rage bait”, c’erano anche “aura farming” ovvero la creazione di un’immagine attraente, e il verbo “biohack“, che indica gli sforzi per migliorare le prestazioni del corpo cambiando dieta o stile di vita o utilizzando dispositivi tecnologici.
Oltre i social – I linguisti britannici hanno precisato che questo fenomeno è presente anche al di fuori delle dinamiche social. Gli appelli alla rabbia e alla frustrazione sono infatti sempre più diffusi nella nostra quotidianità e nel mondo reale. «Offline, questo fenomeno gioca ora un ruolo importante anche nel plasmare i dibattiti su politica, identità e disinformazione», ha sottolineato l’Oxford University Press.
Le altre parole – L’anno scorso a finire sul primo gradino del podio era stata “brain rot“. Una locuzione che vuol dire letteralmente “marcescenza del cervello” e che descrive il deterioramento intellettuale generato dall’abuso di contenuti banali online e sui social. Un termine che risale al 1854, usato per la prima volta nel libro Walden di Henry David Thoreau e che dall’anno scorso ha assunto una connotazione legata al mondo digitale. Nel 2023 era stata scelta “rizz“, un termine che indica la capacità di attrarre un’altra persona attraverso stile, fascino o attrattiva, e nel 2022 “goblin mode” che descrive uno stato d’animo caratterizzato da un comportamento autoindulgente, pigro e non convenzionale.




