Donne che combattono per far sentire la loro voce. Lo fanno con i social network e la campagna del #metoo, ma anche usando il loro corpo come arma politica. Iniziano campagne locali che si espandono in tutto il mondo, combattendo spesso contro un sistema di informazione ancora troppo sessista. A loro il Festival internazionale del giornalismo di Perugia ha dedicato ampio spazio durante la cinque giorni di rassegna, dal 3 al 7 aprile, mostrando i risultati raggiunti finora e, cosa più importante, la strada che deve ancora essere percorsa.
Il corpo come messaggio politico – Tra le testimonianze più forti, quella di Inna Shevchenko, che nel 2008 ha fondato in Ucraina il movimento femminista radicale Femen. Durante l’intervista con Barbara Serra di Al Jazeera English del 6 aprile, Shevchenko ha raccontato come è nata la sua protesta, che consiste nello scrivere sul corpo nudo messaggi politici contro la strumentazione delle donne. «Tutti gli uomini volevano solo vedere il nostro corpo, e noi su questo corpo abbiamo scritto un messaggio. L’idea è che il corpo diventi politico quando lo decidiamo noi, e non sessuale quando lo vogliono loro». Per il suo attivismo, Shevchenko e le altre donne di Femen hanno subito persecuzioni e torture nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. L’attivista ha rivendicato risultati importanti: «Sono orgogliosa perché alcune azioni fatte oggi non hanno la stessa reazione di cinque anni fa: il corpo nudo con un messaggio scritto sopra non genera più scandalo, e questa è una nostra conquista». Ora Inna Shevchenko vive in esilio a Parigi, ma il suo movimento è cresciuto fino ad assumere una dimensione globale. «Molte proteste – ha concluso – usano i nostri metodi, un’altra vittoria importante per Femen».
#ijf19 "Il nostro corpo sarà politico quando lo decidiamo noi, e non più sessuale quando lo decidete voi"
Attivismo, femminismo, lotta contro i dittatori: il corpo come arma. Incontro con Inna Shevchenko
— La Sestina (@La_Sestina) April 6, 2019
Il #metoo nel mondo – Una parte importante degli incontri di Perugia è stata dedicata al movimento #metoo, nato nel 2017 con un hashtag nei social media per permettere alle donne di denunciare casi di abusi e sessismo sul posto di lavoro. Lanciato negli Stati Uniti contro il produttore cinematografico Hervey Weinstein, il #metoo è arrivato in tutto il mondo, ma le situazioni da affrontare sono differenti a seconda delle aree geografiche. Lo ha spiegato Mercy Juma, corrispondente da Nairobi per la Bbc, che in una conferenza ha analizzato il fenomeno in Africa: «I problemi che affliggono l’Occidente non sono gli stessi che nel continente africano: ad esempio, quelli relativi al patriarcato, o agli stigmi sociali».
Oltre il #metoo – Nell’ambiente del giornalismo le donne sono sempre di più, e ormai il loro numero è quasi equivalente a quello degli uomini. Però, le disuguaglianze in termini di salari e opportunità di carriera sono ancora troppo elevate. La brasiliana Daniela Pinheiro, direttrice editoriale di Epoca, durante un incontro dal titolo “Donne nel giornalismo: oltre il #metoo” ha detto: «Il #metoo si occupa soprattutto di molestie sessuali, ma noi dobbiamo guardare ad altro. La questione non è assumere donne, che ormai sono la metà dei giornalisti delle redazioni, ma cambiare la mentalità. Caporedattori e direttori sono ancora quasi tutti uomini, e uomini sono tutti i giornalisti ritratti nelle foto alle pareti».