Gandhi in un recente spot televisivo

Settant’anni fa il mondo apprendeva con sgomento dell’omicidio dell’apostolo della non-violenza. Il Mahatma, la «grande anima», Mohandas Karamchand Gandhi era stato ucciso con tre colpi di pistola da un estremista indù, un appartenente alla sua stessa religione che lo accusava di aver concesso troppo ai nemici islamici nell’ambito degli scontri e delle trattative tra India e Pakistan all’indomani della concessione dell’indipendenza dall’Impero britannico. Gandhi ha smesso di essere un personaggio storico per diventare un simbolo, i più maligni direbbero un brand. Ma come ogni individuo che ha calpestato questa terra le sue “gesta” non sono sospese in un empireo senza tempo ma sono calate nelle vicende storiche, nelle contraddizioni e nelle ambiguità del suo tempo. Emblematica la lettera rivolta ad Adolf Hitler in cui, appellandosi a lui come “caro amico”, gli chiedeva di fermare la guerra in nome della sua “umanità”. Come andò a finire lo sappiamo tutti, a far dubitare che la non violenza possa funzionare sempre come strumento di politica internazionale. «Non abbiamo alcun dubbio sul tuo coraggio e sulla tua devozione per la tua patria – scriveva Gandhi al dittatore nazista – né crediamo che tu sia il mostro descritto dai tuoi avversari, ma i tuoi scritti e dichiarazioni non lasciano dubbi sul fatto che molte delle tue azioni sono mostruose e estranee a tutta la dignità umana […]. In nome dell’umanità, ferma la guerra».

In Sudafrica – Il personaggio che oggi è considerato il principale apostolo dell’indipendenza indiana si formò proprio nella Londra di quegli inglesi che cercherà in ogni modo di allontanare dal suo Paese. Dopo aver studiato legge in Gran Bretagna, Gandhi torna per breve tempo in India, per poi trasferirsi in Sudafrica per lavoro, dove rimane per 21 anni. Qui si scontra per la prima volta con il problema delle discriminazioni razziali contro i neri e gli indiani da parte delle autorità britanniche e qui nasce la sua concezione di resistenza nonviolenta. Attraverso questo nuovo mezzo di pressione popolare Gandhi porta il governo sudafricano ad adottare importanti riforme per eliminare le discriminazioni più evidenti, dalla parità di diritti agli immigrati alla validità dei matrimoni religiosi.

Il ritorno – Quando torna in India, nel 1915, Gandhi trova un Paese già in fermento, insofferente verso la dominazione britannica. Tre anni dopo, arrivato a capo del Partito del Congresso, dà il via alla prima grande battaglia di disobbedienza civile: la parola d’ordine è boicottare le merci inglesi, soprattutto i tessuti, e non pagare le imposte. Gandhi viene arrestato ma rimane in carcere pochi mesi: seguiranno altre proteste e altri periodi di carcere. Il Mahatma è il nemico numero uno degli amministratori britannici ma anche l’interlocutore privilegiato in caso di negoziati o trattative. Nel 1931, per esempio, è l’unico rappresentante del Partito del Congresso indiano ad essere invitato a una conferenza  a Londra per discutere di una nuova costituzione indiana. Scottato da questa esperienza, che non porterà in realtà a nulla, Gandhi si ritira dalla vita politica, restando tuttavia il principale interlocutore degli inglesi in vista di un’imminente cambio di politica coloniale.

Crepe – Allo scoppio della seconda guerra mondiale il blocco che si era creato attorno a Gandhi si crepa. All’inizio il Mahatma dichiara un appoggio morale non violento all’Inghilterra, scontentando i membri del suo partito. Qualcuno addirittura si allontana per sostenere i Paesi dell’Asse. Il Mahatma si vede costretto a ritrattare e l’Inghilterra reagisce con nuovi arresti e cercando di spaccare il movimento degli indipendentisti tra induisti e musulmani. Gandhi a questo punto invita alla ribellione non violenta totale, la più grande mai intrapresa, a cui i britannici rispondono con arresti e repressioni. Arrestato opta di nuovo per il digiuno volontario, costringendo gli inglesi a rilasciarlo per evitare un sollevamento popolare pericoloso.

La guerra indo-pakistana del 1947

Scontri – Quando la Gran Bretagna si impegna a garantire l’indipendenza al termine della guerra, è una vittoria per Gandhi, ma anche il punto d’inizio di un nuovo scontro interno al Paese, con la lega musulmana che punta alla creazione di uno Stato separato dall’India a maggioranza musulmana: il Pakistan. Tra i due Paesi sorgono subito problemi per il controllo della regione del Kashmir, e conseguenti scontri armati con centinaia di vittime. Gandhi inizia il suo ultimo sciopero della fame, chiedendo a entrambi i Paesi libertà religiosa e riconciliazione. Proprio a causa delle eccessive concessioni fatte dall’India al Pakistan, a favore delle quali Gandhi aveva lavorato, il 30 gennaio 1948 il Mahatma venne assassinato da un fanatico indù radicale. E quello che già in vita per molti era un mito, diventò in morte un’icona.