2a

di Manuela Gatti

C’è Rachele Mussolini che stende i panni nel giardino di casa sua a Forio d’Ischia, nel ’51. Ci sono le immagini dei bombardamenti su Coventry, nel pieno della seconda guerra mondiale. A fianco, uno scorcio dei bagni Boccadasse, Genova, negli anni Cinquanta e un Einsenhower in versione casalingo che taglia il tacchino dei Ringraziamento.

Raccontano pezzi di storia più o meno inedita le fotografie esposte fino al prossimo 30 novembre nella sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale Braidense. “Il Mondo e gli altri” è il titolo della mostra curata da Irene Piazzoni e Raffaele De Berti, professori dell’Università degli Studi di Milano. Un percorso che va dagli anni Trenta ai Cinquanta, a partire dall’Omnibus di Leo Longanesi per arrivare a L’Espresso. Dieci le testate in mostra, tra le altre Oggi, Tempo, L’Europeo, Epoca e Il Mondo, recuperate dal vasto archivio della Braidense. «Ma è difficile fare una stima del numero totale di fotografie», spiega Piazzoni, docente di Storia del giornalismo nell’ateneo meneghino.

Tante sono foto di agenzie, italiane e americane, e portano le firme dei grandi fotogiornalisti dell’epoca, da Gianni Berengo Gardin a Carlo Orsi e Henri Cartier-Bresson. A fare da scuola è Il Mondo diretto da Mario Pannunzio: le pagine del settimanale di politica e cultura ospitano scatti di grande formato, svincolati dalla cronaca contingente e non interessati ad informare nel senso stretto del termine. Sono immagini che, attraverso le giuste didascalie, riescono a denunciare con ironia i vizi della società italiana. Più variegato Omnibus: dalle immagini di cronaca cruda e dirompente alla fotografia di commento, che invita il lettore a ragionare e ad interpretarla, il settimanale di Longanesi lasciò agli editori del dopoguerra una gamma di modelli a cui rifarsi. Ma tutta la mostra è allestita in modo da amalgamare dimensioni diverse. «Il proposito è proprio quello di far dialogare la fotografia cosiddetta “alta” e quella apparentemente più popolare – ha spiegato De Berti, professore di Critica e teoria del cinema alla Statale di Milano, – per questo abbiamo mescolato periodici e libri di fotografie».

Se diversi sono i tagli e i soggetti, unico resta il fine: informare i lettori attraverso l’immediatezza e l’universalità della fotografia. Stava proprio nell’uso abbondante delle immagini la specificità dei rotocalchi rispetto ai quotidiani, negli anni Quaranta e Cinquanta. E fu proprio questo a sancire la vittoria dei primi sui secondi. La situazione si ribaltò con la nascita de Il Giorno, nel ‘56: il giornale diretto da Gaetano Baldacci fu il primo ad allontanarsi dal modello tradizionale e ad attuare la “rivoluzione visiva”, dando spazio alle fotografie in prima pagina.

Ma in mostra alla Biblioteca Braidense non ci sono solo gli scatti dei grandi professionisti. Incorniciate sui quattro lati della sala ci sono anche le immagini di Bepi Bortoluzzi, notaio varesino con la passione per rullini e camere oscure. Parecchie delle sue fotografie, generalmente staccate dalla stretta attualità, più evocative che immediate, sono state pubblicate su Il Mondo. Lui stesso, plurinovantenne, era presente all’inaugurazione. «La mia foto più bella? Quella dei manifesti di Marilyn Monroe a Varese, tra la neve e i lavori in corso – confida -, ma anche quella di Peggy Guggenheim non è male».

«Com’è cambiato il fotogiornalismo da allora? È stata un’evoluzione costante – continua Piazzoni – e tanti sono i fattori che hanno contribuito: non solo il rinnovarsi dei mezzi tecnici, ma anche la committenza, sia politica che commerciale, delle immagini». Oggi, con il web, siamo sommersi da una quantità indefinibile di fotografie, spesso anche di dubbia provenienza. «Internet ci ha regalato un grandissimo patrimonio – spiega De Berti – ma ha anche moltiplicato i problemi di falsificazione. Conoscere la fonte di un’immagine è sempre più difficile».