Daily-Prophet2Il quotidiano del futuro? Prima ancora dei giornalisti, lo hanno immaginato i film di fantascienza. In Star Trek il giornale era un teatro virtuale, dove entrare e trovare i protagonisti della notizia sotto forma di ologrammi. In Minority Report si leggeva un foglio elettronico flessibile, con le breaking news in costante aggiornamento. Harry Potter, invece, sfogliava “La Gazzetta del Profeta” con le immagini animate e i video, antenati delle moderne edizioni digitali dei quotidiani su tablet. A tutto questo ha pensato lo staff del Corriere della Sera per realizzare il re-styling del suo sito. “La tecnologia ci spinge ad essere coraggiosi”, ha spiegato Daniele Manca, vice direttore del Corriere, alla Social Media Week di Milano, “e noi dobbiamo usare tutto ciò che lei ci offre”. Il nuovo sito di Corriere.it ruoterà, dunque, tutto intorno a foto, video e prodotti multimediali, “perchè un fatto deve essere raccontato a 360 gradi”.

Una trasformazione che ha richiesto circa un anno di lavoro e che arriva dopo un 2013 innovativo: da Passaparola, la social community che permette al lettore di costruirsi un proprio percorso di lettura e interagire con i giornalisti, fino ai docu-web, come quello su L’Aquila, dalla prima webserie, “Una mamma imperfetta” alle dirette elettorali. Un sito di informazione più “visuale”, ma anche più social. Gli ultimi dati Censis fotografano una tendenza all’informazione mobile in crescita. Lo stesso Corriere.it registra un aumento della fruizione da smartphone e da tablet: “Un sito che guarda al futuro deve quasi farci da sveglia alle 7 del mattino e portarci su Twitter. Ed essere divertente”. Nel senso letterale del termine. “Il giornalista di domani deve ‘guardare altrove’, ‘de-vertere’ per l’appunto”. Il nuovo sito, inoltre, “cercherà di coniugare l’ampiezza della lettura orizzontale offerta dalla carta e la profondità dello scroll verticale di un sito web”. E sulla scelta di mantenere il paywall sul mobile, Manca spiega: “La verifica delle notizie è un valore fondamentale e non può non avere un costo. Se un giornalista non riesce a farsi pagare, significa che ha fallito. Sarebbe preoccupante lo scenario opposto: un mondo di notizie gratis”. Al tempo dei social, il giornalista non detiene più il monopolio delle notizie e “se non si abbassa al livello del suo lettore e non si rivolge solo a quei 4 milioni di italiani che leggono e sono su Twitter è finito”.


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Stefania Cicco