«È bellissimo poter vedere, toccare, incontrare le persone, essere dentro la storia mentre accade. È un’emozione fortissima». Quando l’inviato di guerra Andrea Nicastro si sofferma sull’importanza di andare sul campo parla di sé stesso, della sua esperienza, di ciò che lo rende felice. Non impartisce una lezione dall’alto, ma condivide un metodo, il suo, nella convinzione che sia utile per chi inizia ora a fare il giornalista.
Durante la presentazione a Milano del suo libro, «L’Assedio. Il romanzo di Mariupol», Nicastro ha sottolineato l’importanza di ripartire dalle basi del mestiere: preparare lo zaino, recarsi sul posto, avere cura dell’attrezzatura, fare domande, cercare delle storie umane da raccontare. Il rischio, altrimenti, è quello di fermarsi alle immagini (spesso manipolate) che scorrono sullo schermo di un cellulare, senza verificare i fatti o metterli insieme in modo che abbiano senso.

Andare sul posto «Il potere spersonalizza»: per questo é necessario andare a vedere in prima persona cosa succede, filtrare la propaganda delle parti in guerra e cercare di avvicinarsi quanto più possibile alla verità dei fatti. Solo così è possibile scongiurare il pericolo che gli eventi si appiattiscano alla loro dimensione algebrica, cioè ai dati e i numeri usati per descriverli.
La prima regola è quella di ricordarsi che tutto ciò che accade nel mondo riguarda noi esseri umani. Nel caso della guerra in Ucraina, per esempio, non c’è solo il conteggio dei morti, delle bombe cadute o dei giorni di guerra. Ci sono anche gli ucraini, «violentati nelle loro case, buttati in una cantina, privati della loro dignità».
Compito del giornalista è infilarsi fisicamente nelle pieghe umane della storia, esplorare le contraddizioni, vedere le emozioni riflesse sui volti dei protagonisti, e «partecipare al dolore della gente fino al punto in cui si è ancora in grado di scriverne».
È quello che insegna Andrea Nicastro, anche tra le righe del suo libro. È quello che ripeteva un altro inviato di guerra del «Corriere della Sera», Ettore Mo.

L’assedio. Il romanzo di Mariupol (Solferino, 2022). Foto di Matteo Cianflone

Il metodo dell’inviato – Raccontare un conflitto richiede competenze e capacità eccezionali.  Bisogna saper osservare, essere in grado di scrivere e lavorare sotto pressione; ma soprattutto: occorre avere una strategia, un metodo.
Quello suggerito da Andrea Nicastro, sotto questo profilo, rimanda alla cura di ogni dettaglio: dalla preparazione dei bagagli alla cura della strumentazione.
Prima di partire, é necessario sincerarsi di portare con sé tutto il necessario. E una volta arrivati non si può non prestare estrema attenzione a sé stessi e ai propri oggetti. Se si lascia la tastiera del computer a prendere polvere, presto smetterà di funzionare; se ci si è dimenticati di cambiare frequentemente i calzini, le vesciche impediranno di camminare; e se non ci si è equipaggiati adeguatamente, anche la comunicazione con la propria testata diventa impossibile.
Infine, non va dimenticata un’ultima caratteristica che connota l’inviato di guerra. Due, più precisamente: il coraggio e la fortuna. La fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto. E il coraggio di rimanerci, vincendo le proprie paure – compresa quella di non tornare a casa.

Il buon giornalismo – «Bisogna fare in modo che siano le storie a parlare, non noi che ci siamo dentro». Nello Scavo, inviato speciale del quotidiano Avvenire, durante l’incontro ha scelto queste parole per ribadire l’obiettivo del giornalista: rimanere sempre aderente alla realtà e rinunciare a personalismi superflui. I due inviati concordano su un punto. L’unico «strumento di giustizia nei confronti delle vittime», il solo «atto di restituzione nei confronti di chi è rimasto nelle macerie» sono i fatti. Dare loro la caccia, trovarli e tradurli su pagine di un giornale, pertanto, deve essere la principale preoccupazione del buon professionista. Per farlo, non bisogna accontentarsi delle conoscenze acquisibili da casa. Bisogna aver voglia di partire e convivere con le conseguenze del viaggio. Per esempio con le difficoltà del ritorno a casa: il sonno disturbato, i suoni che riecheggiano in testa, la difficoltà di riadattarsi alla semplicità della vita quotidiana.

I fondamentali – Il mondo cambia, e anche il modo di raccontarlo. «Oggi [le redazioni] non ti chiedono più solo articoli scritti, ma anche video e podcast», spiega Andrea Nicastro. «La produttività è aumentata». A fronte di una rivoluzione dei media, tuttavia, è rimasto immutato il fondamento del fare  giornalismo; che, secondo il reportert del «Corriere», continuerà a fondarsi sue due parametri: la correttezza nei confronti di chi legge e la completezza dell’informazione offerta.
Il rispetto dei lettori deve indurre l’inviato di guerra a ricercare la sostanziale verità dei fatti in tutti gli angoli e su entrambi i fronti del conflitto; senza lasciare che il legittimo schierarsi dalla parte dell’aggredito impedisca di eseguire tutti i controlli possibili e mettere correttamente insieme le notizie fra loro.
Per chi è all’estero, poi, questo lavoro è necessario anche quando succede all’improvviso qualcosa di importante in un luogo distante da quello in cui ci si trova. In questi casi, la regola da seguire è sempre la stessa: mantenere l’«approccio più diretto possibile alla fonte primaria», ossia accedere a informazioni affidabili mettendosi in contatto con le autorità locali.