Rolling Stones lo ha celebrato come il più grande chitarrista di tutti i tempi. La storia lo ricorda come una delle icone culturali e musicali più significative dei mitici anni Sessanta. Oggi il suo mito, quello di un mancino che impugnò una Fender Stratocaster e la suonò a testa in giù, ritorna prepotentemente in vita più vivace che mai.
Era il 27 novembre del 1942, quando a Seattle, la città principale dello Stato di Washington, nasceva Jimi Hendrix, all’anagrafe James Marshall Hendrix. A pochi giorni da quello che sarebbe stato il suo settantesimo compleanno, oggi, 21 novembre, approda in libreria una sua nuova biografia, a firma di Leon Hendrix, suo fratello minore: un ritratto intimo e familiare del ragazzo che, passando per le prime esibizioni nei primi piccoli club, tra avventure estreme fatte di droga e di sesso, divenne una delle stelle più brillanti della musica rock. Mio fratello (Skira, pp. 292, euro 18,50), questo il titolo italiano, è un racconto autentico e sincero, che accompagna il lettore lungo il turbolento percorso di formazione dell’artista: di «Buster», come lo chiama Leon, ricordando il soprannome che lo stesso Jimi scelse per sé stesso, in onore dell’attore e nuotatore Buster Crabbe, protagonista del serial cinematografico Flash Gordon.
Bisognerà invece attendere ancora un po’ per ascoltare 12 brani inediti, registrati da Hendrix fra il 1968 e il 1969. Per l’esattezza, fino al 5 marzo, giorno in cui – a tre anni da Valleys of Neptune – uscirà negli Stati Uniti il nuovo album postumo, People, Hell and Angels: Persone, Inferno e Angeli. A dare la notizia è il sito ufficiale del chitarrista, preannunciando suoni diversi, più sperimentali, fatti di fiati, tastiere e percussioni.
Un’ultima gioia, per i fan più appassionati, la regalerà infine anche il cinema. Il prossimo 27 novembre, in occasione dell’anniversario, verrà proiettato, solo per un giorno, Hendrix 70: Live at Woodstock: un documentario musicale per ricordare la straordinaria esibizione di quel 19 agosto 1969, quando Jimi insistette per chiudere il concerto, nonostante ormai fosse mattina, dando vita all’interpretazione di Star Sprangled Banner più straordinaria di sempre.
Giulia Carrarini