L’attore Michele Di Giacomo interpreta Fabio Savi in una scena de “Le buone maniere”

«Eravamo come lupi, un branco di lupi affamati». Così il Fabio Savi interpretato da Michele di Giacomo descrive la sua storia e quella dei fratelli Roberto e Alberto nello spettacolo teatrale Le buone maniere. I fatti della Uno bianca, in scena dal 22 al 28 maggio al Teatro Libero di Milano. A trent’anni dal primo colpo messo a segno dalla banda emiliana al casello autostradale di Pesaro, l’opera teatrale scritta da Michele Di Vito ripercorre le tappe di una delle vicende più cruente della storia italiana.

I segreti di Fabio Savi – Attraverso un monologo serrato, Di Giacomo tenta di indagare nell’animo di Fabio Savi. Paure e dubbi di un assassino che ascolta canzoni d’amore di Toto Cutugno, legge Zanna Bianca e si rilassa guardando Superquark. Abitudini che nella sua cella da ergastolano gli impediscono di ascoltare quella voce in testa che continua a ripetergli: «Assassino!». Intanto, il tempo in cella lo trascorre pensando a cosa dire quando verrà interrogato e a quello che risponderà ai giornalisti. Come un animale in gabbia, Savi è obbligato a fare i conti con il suo passato e combatte con la sua coscienza con una serie di giustificazioni: un flusso di pensieri che fa risaltare la frustrazione accumulata fino a quel 19 giugno 1987. Il problema alla vista che gli ha impedito di entrare in Polizia, l’officina e il rischio del fallimento: episodi che hanno segnato la vita di un uomo qualunque, trasformatosi in criminale spinto dalla voglia di riscatto.

Per non dimenticare – I sette anni (dal 1987 al 1994) della Uno Bianca non vanno dimenticati, così come le 24 vittime uccise dalla famiglia Savi. È questo il messaggio Di Giacomo, bambino all’epoca dei fatti: «Non è facile parlarne, perché le vittime sono state tante, tanto il dolore e la paura. Quando si nomina la Uno Bianca, ancora cala il silenzio», spiega l’attore: «A distanza di vent’anni abbiamo voluto rompere questo silenzio, perché le nuove generazioni sanno poco di questa tragica storia del nostro territorio». Anche Michele Di Vito, autore del testo teatrale, sottolinea l’importanza della memoria: «Nessuno aveva mai trattato in maniera approfondita la vicenda, se non in una fiction. È fondamentale, soprattutto in questi giorni di nuovo terrore, rendersi conto di questa banalità del male».