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Non siamo certo un popolo di lettori. Un italiano su due dichiara di non aver letto alcun libro nel 2012. Lo hanno fatto solo il 46 per cento della popolazione, il 51,9 per cento delle donne e il 39,7 per cento degli uomini. Un dato allarmante se confrontato con le statistiche degli altri Paesi: legge infatti l’82 per cento dei nostri vicini tedeschi, il 61,4 per cento degli spagnoli, il 70 per cento dei francesi, il 72 per cento degli statunitensi.

Lo racconta il “Rapporto sulla promozione della lettura in Italia – 2013” curato dal Forum del libro, su incarico del Dipartimento Editoria della Presidenza del consiglio dei Ministri. È un dato preoccupante ma positivo rispetto al 2011, grazie all’aumento della lettura nel Sud Italia dove il tasso dei lettori è passato dal 32 al 34 per cento.

Ma leggere un libro all’anno significa essere un semplice lettore occasionale. I “lettori forti”, cioè coloro che hanno letto da 4 a 11 libri in un anno, sono molti di meno, solo il 18 per cento, cioè poco meno di 14 milioni di italiani.

Una situazione che resta sostanzialmente immutata da circa venti anni, dopo il boom degli anni sessanta e settanta, quando dal 16 per cento di lettori del 1965 di arriva al 37 per cento del 1988. Una crescita che da allora si è praticamente arrestata.

Sembra che questo sia dovuto non tanto alla scolarizzazione degli italiani, ma a problemi di sensibilizzazione alla lettura. È vero che metà degli italiani tra i 25 e i 64 anni sono arrivati solo alle scuole medie e il dato medio europeo è del 27 per cento. Ma, per esempio, la Spagna ha percentuali superiori alle nostre, eppure gli spagnoli leggono di più. Questo perché, secondo il rapporto, anche i nostri laureati e diplomati leggono poco: due laureati su dieci e quasi la metà dei diplomati dichiarano all’Istat di non aver letto neppure un libro in dodici mesi. Così come il 30 per cento dei dirigenti, degli imprenditori e dei quadri direttivi delle aziende.

Enrico Tata