Il sipario è già alzato e sul palco ci sono tre file di sedie. Di quelle piccole, da regista dietro la macchina da presa. Piano piano si riempiono e il pubblico, quello in sala, quasi non se ne rende conto. Quelle sedie sono la redazione della serata, senza scrivanie o computer su cui battere 300 parole per confezionare un pezzo da mandare in stampa. Eppure, ci sono comunque le categorie tipiche di un giornale: economia, società, cronaca. Si inizia con gli esteri. Cile. Pablo Tapia Leyton, ballerino. Poi economia: Borraccetti, regista e sceneggiatore. Collezionismo: Galimberti, fotografo. Politica: Scancarello, giornalista. Vizi contemporanei: Mannino, comica. Sport: Albini, giornalista. Cronaca: Oliviero, regista. Portfolio: Estol, fotografo. Passioni: Elisa del mese. Società: Marola, imprenditore. Musica: The Andrè, musicista. Una galleria di personaggi? Una lista di giornalisti?

Domande e ricerca – Ci si perde dentro alle storie tanto da dimenticare il concetto di giornale e forse è proprio questo il senso: iniziare a decostruire l’idea di un supporto fisico che contenga le notizie. Oggi che l’informazione è ancora più multiforme e camaleontica, che prende ogni forma e vi si adatta. Dal cartaceo di approfondimento a Instagram, passando per il podcast, i Ted Talk e le infografiche interattive. Allora la sfida di Live Magazine è ricordarci che il lavoro del giornalista (sì, rimane un lavoro) parte da una storia. Che sia quella del giornalista, di uno sconosciuto, di un suo amico. Si osserva, scatta una domanda, si fa ricerca. Ci sono volte in cui la storia personale è essa stessa la notizia. Come quella di Pablo Tapia Leyton, che oggi da lontano rivive la repressione di una dittatura come quella di Pinochet contro cui i suoi genitori avevano lottato in incognito negli anni ’80, a sua insaputa. Quindi, per i più pignoli, c’è anche lo spunto di attualità: le rivolte in Cile oggi vengono proiettate in immagini dietro Pablo e alla fine del suo racconto ci sembra di aver letto un reportage di esteri, ma più vivo. Lo abbiamo toccato con mano, ce lo ricordiamo perché ci siamo immaginati dentro mentre lui parlava.

Dentro la notizia – La distanza dei servizi che passano sul piccolo schermo viene infranta e noi entriamo nella notizia. Per questo di Live Magazine non rimane e non deve rimanere niente di fisico, perché la sua forza sta proprio nel fatto che è il primo giornale di cui non ci dimenticheremo il secondo dopo. Siamo in overload: troppe informazioni, troppi articoli sulle stesse cose, tutti i giorni, tutti i secondi. Leggiamo di fretta, per essere sempre aggiornati, o non leggiamo per niente, leggiamo distratti, leggiamo per studiare. Ascoltiamo, guardiamo, mentre facciamo altro. Invece questa volta per due ore e mezzo siamo su una sedia e entriamo nel giornale, nella costruzione di notizie.

Fuori dal torpore – Intanto, ci chiediamo, perché queste storie non ci sono sui giornali? Chi lo sapeva che Albini ha fondato il Fantacalcio negli anni ’80 e non ci voleva giocare nessuno? Che esiste un mercato enorme di collezionismo di dinosauri e che una delle aziende di restauro degli scheletri più importante si trova in Italia? Come funziona tutto il ciclo e processo di contraffazione di banconote di cui l’Italia purtroppo è la “migliore produttrice”? Sono storie che forse abbiamo sentito ma che sono entrate da un orecchio, da un occhio, e uscite dall’altro. Storie curiose, notiziabili. Prendono corpo. Andiamo oltre la superficie perché seguiamo il percorso di un narratore che a modo suo, comico, diretto, emozionato, didascalico, ci ricorda che il giornalismo non è automatizzabile. Che sono storie che ci stavano accanto e neanche ci siamo resi conto, intorpiditi e anestetizzati da un giornalismo che oscilla tra l’alert del titolo di agenzia stampa e il settimanale di approfondimento, senza trovare una dimensione che lo restituisca alle persone. Allora il fatto che queste storie siano incarnate in qualcuno che ci parla della fatica di trovarle, indagarle, raccontarle, ce le rende vicine.

Tornare alle storie – Il giornalismo non è più un pezzo di carta e non è neanche solo una pagina web, è diffuso ovunque. È banale da dire, ma Live Magazine ci dice che dobbiamo tornare alle storie perché le persone sono già “informate” sull’ultima ora e se non lo sono non vogliono esserlo: il vero compito del giornalista è raccontare la società per restituire sempre uno scatto in più di quello che si muove attorno. Quindi una storia nuova, o la stessa ma da una prospettiva nuova, o in un modo nuovo, o nello stesso modo, parziale, panoramica. L’importante è che diffonda consapevolezza di quello che accade, che non è solo l’ultima ora.