È morto la mattina del 26 novembre, a Roma, il regista Bernardo Bertolucci, uno dei più talentuosi cineasti di sempre che ha attraversato il cinema nella seconda metà del secolo scorso. Non solo regista, ma anche poeta, documentarista, produttore, polemista, amato dai cinefili e dal grande pubblico, Bertolucci era una delle ultime grandi star del cinema in grado di mettere d’accordo tutti. Il regista di capolavori come Novecento, Ultimo tango a Parigi, Il té nel deserto, Piccolo Buddha e L’ultimo imperatore, il film da nove Oscar, è morto all’età di 77 dopo una lunga malattia.

Gli inizi – Originario dell’Appennino di Casarola di Parma e figlio di un grande poeta come Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, Moravia, Elsa Morante, Dacia Maraini, esordisce come poeta e vince a vent’anni il Premio Viareggio con In cerca del mistero. Ma ben presto abbandona gli studi in Lettere all’Università La Sapienza per dedicarsi al cinema, applicando i suoi trascorsi letterari alla sceneggiature. Bertolucci gira due cortometraggi amatoriali nel biennio 1956-1957, La teleferica e La morte del maiale. Cruciale l’incontro con Pier Paolo Pasolini, facendogli da assistente nel film Accattone (1961). Sul set incontra l’attrice Adriana Asti, che sarà poi sua compagna per diversi anni. Nel 1962, gira il suo primo lungometraggio, La commare secca, su soggetto e sceneggiatura del regista friulano. Dal secondo film, Prima della rivoluzione (1964), inizia il progressivo allontanamento dalla poetica pasoliniana, definendo la propria inconfondibile cifra stilistica.

Ultimo tango a Parigi, dallo scandalo alla fama mondiale – Bertolucci raggiunge la notorietà presso il grande pubblico nel 1972, con un film che facendo scalpore segnò di fatto un’epoca: Ultimo tango a Parigi, con Marlon Brando e Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud e Massimo Girotti. Dopo la sua prima proiezione a New York, la pellicola in Italia, sbancato al botteghino, venne prima ritirata dalla Cassazione il 29 gennaio 1976, e il regista fu condannato per offesa al comune senso del pudore. In seguito a svariati processi d’appello, il film venne dissequestrato nel 1987. A 46 anni dalla sua realizzazione è tornato nelle sale cinematografiche nel maggio 2018 nella versione in lingua originale restaurata a cura della Cineteca Nazionale e della Cineteca di Bologna. Memorabili le opere successive, da Novecento (1976), affresco realistico delle lotte contadine emiliane dai primi anni del secolo alla Seconda guerra mondiale impreziosito da un cast internazionale (da Robert De Niro a Gérard Depardieu, Donald Sutherland, Sterling Hayden, Burt Lancaster, Dominique Sanda al fianco di noti attori italiani come Stefania Sandrelli, Alida Valli, Laura Betti, Romolo Valli e Francesca Bertini), a La luna, ambientato a Roma e in Emilia-Romagna, in cui affronta le tematiche della droga e dell’incesto, fino a La tragedia di un uomo ridicolo (1981), con Ugo Tognazzi.

L’Ultimo imperatore e gli Oscar – Gli anni ’80 e ’90 rappresentano il passaggio al cinema dei capolavori epocali capaci di conquistare con la loro potenza visiva anche il pubblico più mainstream. Nel 1987 dirige in Cina L’ultimo imperatore, un kolossal sontuoso dal successo planetario che lo consacra. Aggiudicandosi ben nove premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film e la migliore regia, diventa l’unico regista italiano insieme a Frank Capra a vincere il premio di categoria. Nel 1990 gira in Marocco il film Il tè nel deserto (1990), trasposizione delicata e tragica di un romanzo di Paul Bowles. Del 1993 è, invece, Piccolo Buddha con Keanu Reeves, ambientato tra Nepal e Stati Uniti, in cui Bertolucci regala la propria interpretazione in chiave esistenzialista della cultura orientale.

Il ritorno in Italia e gli ultimi film – Negli ultimi anni Bertolucci ritorna a girare in Italia, riscuotendo risultati alterni di critica e pubblico. A partire da Io ballo da sola (1996), per proseguire poi con L’assedio (1998) e The Dreamers – I sognatori (2003), il ’68 filtrato dallo sguardo di tre ragazzi protagonisti di un triangolo politico-erotico. Nel 2007 riceve il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia, mentre nel 2011 gli viene conferita la Palma d’oro alla carriera al Festival di Cannes. L’ultima opera nel 2012, Io e te, trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti. Un ritorno alle storie minime che si giocano nello spazio ristretto di una quotidianità di provincia. Recentemente si era accostato alla tecnica del 3D, dimostrandosi fino all’ultimo quale interprete dello spirito del tempo capace di sperimentare e domare tutti i mezzi espressivi, imprimendo il proprio inconfondibile graffio intimistico.