MarottaL’avvocato e filosofo Gerardo Marotta, l’apostolo italiano del libero pensiero, è morto nella notte del 25 gennaio nella clinica Hermitage di Napoli. Avrebbe compiuto novant’anni il 26 aprile ed era noto in tutto il mondo per essere il padre dell’Istituto degli studi filosofici, l’accademia napoletana di via Monte Di Dio che ha diretto fino alla morte. Marotta era ricoverato da tempo in seguito a una caduta ed era trattenuto in clinica per problemi cardiaci e respiratori. Fatale un edema polmonare. Dalla mattina del 27 gennaio sarà allestita la camera ardente all’interno dell’Istituto, dove sabato 28 si svolgeranno anche i funerali in forma laica.

Una vita per la filosofia Marotta era nato nel 1927 nel capoluogo campano. Laureatosi in giurisprudenza con una tesi in filosofia del diritto, cominciò a collaborare con l’Istituto italiano di studi storici di Benedetto Croce. Poi fondò e diresse, fino al 1953, l’associazione Cultura Nuova. Nel ’75, su incoraggiamento di una delle figlie di Benedetto Croce, Elena, e di altri studiosi come Enrico Cerulli (presidente dell’Accademia dei Lincei) e Giovanni Pugliese Carratelli (direttore della Scuola Normale di Pisa), decise di fondare l’Istituto degli studi filosofici al quale avrebbe dedicato l’intera vita. Come sede napoletana fu scelto Palazzo Serra di Cassano: cuore dell’Istituto, la biblioteca personale di Marotta, con oltre 300 mila volumi.

La battaglia per le risorse. Nella biblioteca del filosofo sono presenti edizioni originali di Benedetto Croce e Giordano Bruno, che anni fa finirono dentro scatoloni di cartone per essere destinati a un deposito di Casoria, in provincia di Napoli. Una storia del 2012, legata a una questione di fondi ricevuti dallo Stato e poi tolti, come denunciò allora Marotta, che mise in piedi una battaglia in difesa di libri che erano un pezzo di storia. Mancati finanziamenti pubblici che ancora oggi obbligano l’Istituto a indebitarsi. Ma durante la guida di Marotta, l’Istituto divenne un punto di riferimento internazionale e venne giudicata dall’Unesco “un’esperienza senza eguali al mondo”.

Collaborazioni di prestigio. L’avvocato e filosofo riuscì a stringere importanti legami e collaborazioni con molti tra i più noti esponenti della cultura internazionale come Hans-George Gadamer, Jean Starobinski, Karl Popper, Carlo Rubbia, Ilya Prigogine, Eugenio Garin, Jürgen Habermas, Renato Dulbecco e Jacques Derrida. Ma soprattutto, Marotta non limitò le attività dell’Istituto napoletano soltanto alla filosofia e alla storia, ma le aprì a discipline come la storia dell’arte, le scienze, l’architettura, l’urbanistica e l’assetto del territorio, la storia e la teoria economica, la letteratura, la psicologia, la medicina, la fisica e la matematica.

In eredità un pensiero critico e laico Sono molte le reazioni alla notizia nell’ambiente napoletano. Da “addio a un missionario laico della cultura” del capogruppo di Sinistra Italiana alla Camera, Arturo Scotto, a “rivoluzionario fino alla fine” del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Uno dei figli racconta: “Le sue ultime ore le ha trascorse parlando di Giordano Bruno”. Il filosofo naturalista rinascimentale considerato martire del libero pensiero e la cui filosofia portò all’abbattimento delle concezioni tolemaiche, aprendo la strada che portò alla rivoluzione scientifica. Marotta lascia in eredità, sia all’Italia che alla cultura internazionale, un pensiero altrettanto critico e fortemente laico. Lui e i suoi compagni di strada, tra i quali il grande matematico Renato Caccioppoli, suo cognato, erano conosciuti anche come “gli hegeliani di Napoli”, proprio per l’importanza che nelle loro riflessioni attribuivano alla funzione dello Stato.