È morto ieri, 12 febbraio, all’età di 88 anni Giuseppe Galasso. Lo storico, giornalista e professore universitario si è spento nella sua abitazione di Pozzuoli. Era uno degli interpreti più fedeli dello storicismo di Benedetto Croce. Ma il suo nome era legato alla prima legge della Repubblica italiana sulla tutela del paesaggio emanata nel 1985.

La carriera universitaria – Nato il 19 novembre 1929 a Napoli, Giuseppe Galasso era figlio di un artigiano del vetro. Rimase orfano di madre nel 1941, a soli 12 anni. Si rimboccò le maniche e iniziò a lavorare per aiutare a mandare avanti la famiglia: fece anche lavori umili, come lo sguattero o il facchino. Ma iniziò presto a maturare la passione per la lettura e soprattutto per la storia. Si laureò in Lettere all’Università Federico II di Napoli e nel 1953-34 vinse una borsa di studio dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici (fondato nel 1946 da Benedetto Croce e che si propone di avviare i giovani, come si legge nella premessa allo Statuto, «all’approfondimento della storia nei suoi rapporti con le scienze filosofiche»), di cui sarebbe divenuto successivamente segretario. Nel 1963 ottenne l’abilitazione all’insegnamento universitario ed esercitò, nel corso della sua carriera accademica, nelle università di Salerno, Cagliari e Napoli. È stato ordinario di Storia Medievale e Moderna a Napoli dal 1966, eletto preside della Facoltà di Lettere e filosofia della stessa università dal 1972 al 1979. Fra le altre cose, è stato presidente della Società napoletana di storia patria dal 1980, della Biennale di Venezia dal dicembre 1978 al marzo 1983, della Società Europea di Cultura dal 1982 al 1988 e membro del consiglio scientifico della Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino.

Le pubblicazioniGiuseppe Galasso fu uno dei più rinomati meridionalisti d’Italia. Scrisse e pubblicò almeno una quarantina di libri, la maggior parte dei quali ad argomento storico e di analisi proprio della questione meridionale. Fra i più importanti si ricordano Dal Comune medievale all’Unità. Linee di storia meridionale (Laterza, Bari, 1969), Il Mezzogiorno nella storia d’Italia. Lineamenti di storia meridionale e due momenti di storia regionale (Le Monnier, Firenze, 1977), L’Italia dimezzata. Dibattito sulla questione meridionale (con G. Chiaromonte, Laterza, Bari, 1980), L’Altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia (Mondadori, Milano, 1982). E poi ancora la monumentale opera Storia del Regno di Napoli (1266-1860), pubblicata in sei volumi da Utet, (Torino 2007-2012), e più recentemente Croce e lo spirito del suo tempo (Laterza, Bari, 2002), L’Italia nuova. Per la storia del Risorgimento e dell’Italia unita, in sette volumi (Edizioni di Storia e Letteratura, Roma) e l’ultimo, edito da Laterza nel 2017, Storia della storiografia italiana. Un profilo. Galasso fu anche giornalista, collaborando a numerosi quotidiani e periodici nazionali: fra gli altri Il Mattino di Napoli, Il Corriere della Sera, La Stampa, L’Espresso. Diresse la rivista Comprendre, organo ufficiale della Società Europea di Cultura (fondazione veneziana che dal 1950 promuove «studi, ricerche e dialogo con le Istituzioni nazionali ed europee sui temi della democrazia», si legge sul sito).

La carriera politica – All’insegnamento e alla scrittura, Giuseppe Galasso affiancò anche l’attività politica. Fu esponente del Partito Repubblicano Italiano e dal 1970 al 1993 fu consigliere comunale a Napoli. Venne eletto assessore alla Pubblica Istruzione dal 1970 al 1973 e due anni più tardi fu incaricato sindaco della città, ma dovette rinunciare alla carica perché non fu possibile costituire una giunta. Sempre per il Pri fu eletto alla Camera dei deputati nella IX, X e XI legislatura (dal 1983 al 1994). Fu sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali e Ambientali attuando decreti ministeriali che imponevano vincoli su diversi beni paesaggistici. Nell’85 si fece promotore della legge 431, promulgata l’8 agosto di quello stesso anno, che da lui prese il nome: la legge Galasso, integrata nel codice dei beni culturali nel 2004, introdusse a livello normativo una serie di tutele sui beni paesaggistici e ambientali, come ad esempio la totale inedificabilità in aree alpine al di sopra dei 1600 metri o a distanza di 300 metri dalla riva di mari e laghi e a 150 metri dalle sponde di fiumi e torrenti, o ancora sui vulcani o in aree di interesse archeologico. Fu la prima legge in materia a essere emanata dopo l’avvento della Repubblica (la precedente risaliva al 1939). Dal 1988 al 1991 (durante i governi De Mita e il sesto governo Andreotti) è stato sottosegretario al ministero per l’Intervento Straordinario nel Mezzogiorno.