David Bowie torna a rivivere a Milano, attraverso le copertine delle riviste italiane che lo hanno visto protagonista per quasi mezzo secolo. Appuntamento da martedì 20 a domenica 25 novembre, presso lo spazio Mare Culturale Urbano, in occasione della Milano Music Week, la rassegna milanese dedicata alla musica. “Le immagini hanno contribuito in modo fondamentale a creare il culto della rockstar”, ci racconta al telefono Claudia Attimonelli, responsabile dell’esposizione, docente di semiologia degli audiovisivi all’Università di Bari e impegnata nel progetto Mem, che sta per Mediateca Emeroteca Musicale   La mostra, dal titolo “Sulle tracce di David Bowie: l’uomo delle stelle nelle riviste musicali dagli anni ’70 agli anni ‘90”, raccoglie le copertine di Rolling Stone Italia, Rumore, Popster e di tanti altri giornali: più di 100 opere, tra copertine, recensioni e lettere alle redazioni, che costruiscono un viaggio attarverso la nascita e l’evoluzione di uno degli artisti più iconici della musica pop del secondo Novecento.

Dove nasce l’idea di fondare MEM?
Il progetto nasce all’interno della Mediateca regionale pugliese, in collaborazione con il corso di Scienze della Comunicazione di Bari, dove io insegno. È partito dalla mia volontà di creare una raccolta di riviste di musica extracolta, quella che non rientra cioè nei generi della classica e del jazz. Siamo partiti grazie ad una donazione di Luca de Gennaro, critico musicale e curatore della Milano Music Week, che ha devoluto alla nostra emeroteca la sua collezione di riviste di settore. Ad oggi contiamo circa 5000 fascicoli di 80 testate differenti, provenienti anche da Francia, Inghilterra o Stati Uniti. Abbiamo iniziato un progetto di digitalizzazione, per cercare di mettere in rete il nostro archivio, così che anche le nuove generazioni possano avvicinarsi al mondo del giornalismo musicale su carta.

Perché avete deciso di raccontare la musica attraverso le immagini e non tramite il suono? È collegato in qualche modo a ciò che insegna all’ Università?
Certo! Il suono è il mezzo di comunicazione principale della musica, ma anche l’immagine ha un ruolo fondamentale. La mostra racconta un’epoca pre-internet, prima di Mtv e dei videoclip, quando l’unico modo di informarsi sui propri idoli musicali era la carta stampata. Sulle pagine delle riviste c’erano le immagini dei concerti, le recensioni, le nuove uscite, i poster che erano dei veri e propri feticci. E poi le lettere alle redazioni, dove i ragazzi chiedevano di tutto, dalle tracklist degli album alle traduzioni dei testi stranieri. Al di là della musica, anche le immagini secondo me hanno contribuito moltissimo a creare il mito della rockstar!

Cosa si nasconde dietro alla scelta di raccontare proprio David Bowie?
David Bowie rappresenta una delle ultime icone del secolo scorso, sia per longevità, sia per l’impatto culturale che ha avuto. Ha vissuto ed influenzato tante generazioni, ha interpretato molti stili diversi. Ha aperto la strada all’omosessualità, alla possibilità di cambiare, attirando su di sé anche molte critiche. Il sottotitolo della mostra è “la ricezione di David Bowie nella stampa italiana”, e ci sono molte pagine che ne parlano in maniera anche negativa, criticando la sua incoerenza e il suo stile camaleontico. Ma lui aveva la capacità di captare nuove tendenze, farle sue in modo del tutto nuovo, per poi abbandonarle quando il messaggio arrivava al pubblico.

Avete altri progetti in mente?
Stiamo lavorando ad un’altra raccolta sul rapporto tra la stampa italiana e la cultura rave, nata all’estero e importata in Italia negli anni ’90. E poi abbiamo in cantiere un progetto che parla di blue jeans, e di come questo fenomeno si sia sviluppato nel nostro paese attraverso la comunicazione negli anni Ottanta e Novanta. Ma basta così, per ora non posso dirvi altro!