Il 16 gennaio 2021 il Covid-19 ha segnato anche il mondo della musica rock: è morto Harvey Philip “Phil” Spector, forse il produttore discografico più rivoluzionario e controverso del Novecento. Si trovava nel penitenziario dove stava scontando dal 2009 la condanna per l’omicidio dell’attrice Lara Clarkson. La causa: complicanze legate al virus della pandemia mondiale.
Il successo – Che il produttore discografico sia una leggenda per la storia della musica è innegabile: il suo nome è presente nella Rock and Roll Hall of Fame dal 1989. Una presenza motivata dal fatto che «ha cambiato il mondo della registrazione per sempre, quando ha creato il “Wall of sound”». Questa tecnica consiste nell’utilizzo in studio di strumenti da orchestra, che contribuiscono a creare un intreccio sonoro senza precedenti per la musica rock, concepita così quasi come una sinfonia. L’innovazione di Spector viene definita anche «un approccio wagneriano al rock’n’roll». Le sue produzioni sono infatti caratterizzate da una stratificazione di strumenti che ha rivoluzionato il sound di molti artisti a partire dagli anni ’60. Il cantante Brian Wilson l’ha descritto nel 1966 come «Intramontabile», dicendo «Ogni volta che entra in studio crea una pietra miliare, ha aiutato i Beach Boys a evolvere». Mentre nel 2012, Bruce Springsteen ha parlato dell’influenza del lavoro di Spector sull’album Born to run «I dischi di Phil sembravano a un passo dal caos, era violenza ricoperta di zucchero e caramelle… piccoli orgasmi di tre minuti, seguiti dall’oblio». John Lennon l’ha definito invece il miglior produttore di sempre, tanto da affidargli i primi pezzi da solista, come Instant Karma! e l’album Imagine. Tra i nomi con cui Spector ha lavorato The Crystals, Ike & Tina Turner, The Beatles, Cher, Harry Nilsson, Darlene Love, Leonard Cohen e i Ramones.
Le ombre – La vita di Phil Spector non è stata però luminosa quanto il suo successo. Già nel 2000, dopo alcune cause in tribunale, si definisce «un’anima tormentata». La leggenda del mondo discografico nasce il 26 dicembre 1939 a New York, nel Bronx e il padre si suicida quando ha solo otto anni. Più avanti, di pari passo con il progredire di una luminosa carriera, arrivano i comportamenti devianti. Per esempio i veri e propri abusi sull’ex moglie Veronica “Ronnie” Bennet, cantante di The Ronettes, che nella sua autobiografia ne descrive le follie, come la bara conservata in cantina nel caso in cui lei lo lasciasse. Un modo di fare violento, forse esercitato anche su alcuni degli artisti della sua casa discografica. Spector portava infatti spesso con sé delle armi, anche in sala di registrazione. Tanto che si dice abbia puntato una pistola contro i Ramones durante una delle loro sessioni. Il produttore diventa sempre più isolato e stravagante, dopo essersi ritirato dal mondo della musica negli anni ’80. Nel 2003 l’attrice Lara Clarkson viene trovata senza vita nella villa di Spector ad Alhambra (Los Angeles). La morte è per colpi di arma da fuoco e l’uomo è l’unico sospettato. Viene condannato per omicidio nel 2009 e il suo processo diventa un film di David Mamet, in cui viene interpretato da Al Pacino.
Il ricordo – Tra le voci che hanno pianto la morte di Phil Spector, c’è quella di Ronnie Bennet, che l’ha salutato con un post su Instagram ricordando con affetto il suo contributo al mondo della musica. «Era un produttore brillante, ma un pessimo marito». Aggiunge, «Sfortunatamente Phil non era in grado di vivere e funzionare fuori dallo studio di registrazione».
Visualizza questo post su Instagram