Il presidente del Senato Ignazio La Russa fa ancora discutere con le sue parole sulla carta costituente e il 25 aprile: «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo». Secondo il professor Giovanni Scirocco, docente di Storia contemporanea all’Università di Bergamo e all’interno del comitato di ricerca dell’Istituto Ferruccio Parri (ex Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia), esiste «un tentativo di far leva su una zona grigia di qualunquismo e anti antifascismo, già esistenti nel dopoguerra, che spingono a cancellare la Resistenza». Scirocco è autore insieme a Elisabetta Colombo e ad Anna Modena del libro Il nostro silenzio avrà una voce. Piazzale Loreto: fatti e memoria (2021), edito presso il Mulino.

Giovanni Scirocco, professore di Storia contemporanea

Giovanni Scirocco, professore di Storia contemporanea

Qual è il significato della Resistenza?
«La Resistenza per noi italiani ha rivestito e riveste ancora due significati distinti ma parimente importanti. Il primo è quello militare. Nelle città e nelle montagne la continua opera di sabotaggio e di impegno armato delle forze partigiane nei confronti delle truppe nazifasciste svolse un ruolo cruciale, come riconosciuto anche dagli alleati. Il proclama Alexander, del 13 novembre, e l’accordo del 7 dicembre del ’44, dove partecipò anche Ferruccio Parri, dichiaravano l’importanza delle azioni dei ribelli. Sebbene Parri conti poco prima della liberazione 130mila partigiani, non si hanno stime precise perché già ai tempi era difficile reperire notizie certe e verificate. L’altro significato della Resistenza è simbolico, non tutta l’Italia fiancheggiava il governo fascista. Inoltre, senza gli sforzi partigiani, Milano, come le altre città della penisola, non si sarebbe liberata da sola prima dell’arrivo degli Alleati e addirittura dei rinforzi dall’Oltrepò pavese. Numerose furono le azioni portate avanti tra il 23 aprile fino ai giorni di piazzale Loreto, le guerre civili finiscono sempre così ma in Francia è sempre stato diverso. Non ci sarebbero stati la Costituzione e il 2 giugno senza il 25 aprile».

Ha parlato di una differenza tra la Francia e l’Italia nel ricordo delle rispettive resistenze. Si spieghi meglio.
«In Francia il governo di Vichy viene visto come un traditore della patria».

Parlava degli eventi che si svolsero a Milano, elenchi i più significativi.
«Ne elenco tre: la decisione del Clnai (Comitato di liberazione nazionale alta Italia) nel Collegio dei Salesiani in via Copernico di procedere con l’insurrezione dal pomeriggio del 25 aprile; la riunione lo stesso giorno tra il Cardinale Schuster, Mussolini ed esponenti del CLN all’Arcivescovado; l’esposizione dei corpi esanimi di Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti a piazzale Loreto il 29 aprile. Numerose furono le azioni partigiane sul territorio e anche il contributo civile ebbe un ruolo. Il 23 aprile si svolse lo sciopero dei ferrovieri e quello generale, il 25 scioperarono i tranvieri. Le Sap (Squadre di azione patriottica) e i Gap (Gruppi di azione patriottica) impegnarono i fascisti a Niguarda, Porta Romana, Porta Ticinese, lungo l’Arena, fino a rincorrere le colonne nemiche mentre uscivano da Porta Sempione».

Come viene vissuta la Liberazione da questo Governo?
«Personalmente ritengo esista un tentativo di far leva su una zona grigia di qualunquismo e anti antifascismo, già esistenti nel dopoguerra, che spingono a cancellare la Resistenza. La Costituzione nasce dal 25 aprile, i nostri valori nascono dall’antifascismo, il presidente del Senato dovrebbe riconoscerlo. Anche se all’interno della Costituzione non è mai citata la parola “antifascismo”, nella XII disposizione transitoria si vieta la riorganizzazione del partito nazionale fascista. Quindi la Carta è antifascista in sé. Per La Russa oggi è ancora la data del rancore. Finché non ricopriva l’incarico di presidente del Senato potevamo non occuparcene ma ora è un problema anche nostro».