Commemorare Oriana Fallaci chiedendosi quale sia il futuro dell’inchiesta giornalistica. Era questo l’obiettivo dell’incontro tenutosi l’11 febbraio al Circolo della stampa di Milano, dal titolo Una storia d’orgoglio: da Oriana Fallaci a oggi, il giornalismo è ancora d’inchiesta?. «In un momento di crisi che mette in difficoltà il giornalismo, – afferma David Messina, vicepresidente del Circolo della stampa – ricordare Oriana significa riconoscere le nuove frontiere che lei ha aperto nel nostro mestiere». Dello stesso avviso il presidente del Circolo, Daniela Stigliano: «Molti giornalisti della mia generazione si sono formati sui suoi scritti». Un’eredità molto forte, trasmessa al pubblico anche attraverso alcuni spezzoni della nuova mini serie Rai, L’Oriana, in onda il 16 e 17 febbraio, con Vittoria Puccini nei panni della giornalista fiorentina.
Presenti alla conferenza, l’ex direttore de Il Giornale, Vittorio Feltri, il consigliere nazionale dell’Odg, Marco Volpati, e Paolo Perucchini, nuovo presidente dell’Associazione Lombarda dei giornalisti. Ai tre, il presidente Stigliano rivolge le stesse domande. «La prima – chiede – è se la giovane Oriana sarebbe riuscita, oggi, a fare ciò che l’ha resa una giornalista di successo. La seconda riguarda l’inchiesta giornalistica: che futuro ha in un momento di cambiamento della nostra professione?».
«Sono convinto che il giornalismo, compreso quello d’inchiesta, – risponde Perucchini, alla sua prima apparizione ufficiale in veste di presidente – abbia un futuro anche con i nuovi mezzi d’informazione. La sfida è quella di intercettare le novità, senza dimenticare i grandi modelli del passato». Per Feltri, con le sue capacità, Oriana Fallaci ce l’avrebbe sicuramente fatta: «Ma oggi il vero problema per un giornalista è trovare un posto di lavoro. Oriana soffrirebbe la mancanza di guadagno, anche se non ha mai ostentato la sua effettiva ricchezza».
Il canovaccio dell’incontro lascia subito spazio agli aneddoti. «Oriana era completamente pazza», ricorda scherzosamente Feltri. «Mi ha accolto a casa sua per intervistarla – continua il giornalista di origine bergamasca – e, dopo ore e ore di chiacchiere, avevamo fame. Il frigo, però, era vuoto. C’era solo una confezione di caviale e una bottiglia di vino pregiato. Mi sono rimasti sullo stomaco per giorni». I tratti sopra le righe della Fallaci, secondo Feltri, si ritrovano anche nei suoi scritti. «Oriana era una perfezionista. Riscriveva il suo pezzo dieci, quindici volte. Ci metteva anche quattro settimane, ma poi il risultato aveva del miracoloso. I suoi scritti erano piccoli romanzi, in cui traspariva una forte teatralità». A compensare i tratti spigolosi, Feltri ricorda l’onestà della giornalista fiorentina: «Ho chiesto alla Rizzoli e mi hanno fatto sapere che non presentava mai una nota spese».
Ma qual è il futuro dell’inchiesta, alla luce dell’eredità della Fallaci? «Ne dovremo fare di più, ma – ammette Feltri – appena le fai ti arrivano 12 querele. E poi non ci sono più lettori; chi le legge le inchieste? Anche su internet trovi solo spazzatura». Sullo stesso tema interviene Marco Volpati, che espone il punto di vista dell’Ordine del giornalisti. «I problemi a cui va incontro il giornalismo d’inchiesta – sostiene – sono sostanzialmente tre: la mancanza di libertà di stampa, la legislazione troppo stringente, le minacce dirette ai giornalisti e la scarsità di risorse economiche». Per far fronte a tali difficoltà, secondo Volpati bisogna tornare al modello Fallaci, «testimone diretta dei fatti».
Un proposta che riscuote successo anche tra il pubblico. Cristina Muccioli, giornalista, critica d’arte e docente all’Accademia di belle arti di Brera, prende la parola per trarre alcune conclusioni. «L’esempio etico della Fallaci, di cui ogni giornalista deve tener conto, è l’aver sempre resistito ad ogni formazione», afferma Muccioli. Una riflessione che risuona nelle stessa parole dell’Oriana Fallaci interpretata da Vittoria Puccini: «Battersi è più bello che vincere. Viaggiare è più bello che arrivare».
Andrea De Cesco e Nicola Grolla