Nessuna sorpresa, o quasi, nella 96a edizione degli Academy Awards al Dolby Theatre di Los Angeles, dove il 10 marzo si è tenuta la più prestigiosa premiazione cinematografica del mondo. Trionfa la pellicola di Christopher Nolan Oppenheimer, come da pronostico, che il regista britannico ha girato in pellicola 65 mm e tratto dal bestseller di Kai Bird e Martin J. Sherwin su J. Robert Oppenheimer, fisico statunitense “padre” della prima bomba atomica. Sette statuette su 13 nomination, un vero e proprio dominio assoluto: miglior film, regia, fotografia, montaggio, colonna sonora, e due premi per miglior attore protagonista e non protagonista assegnati a Cillian Murphy (noto prima del colossal per il ruolo da protagonista nella serie tv Peaky Blinders) e Robert Downing Jr, alla sua prima vittoria dopo tre candidature ufficiali.
Sorpresa non sorpresa, la premiazione come migliore attrice per Emma Stone, protagonista della pellicola del regista greco Yorgos Lanthimos Povere Creature!, che ha sorpassato al fotofinish Lily Gladstone, nativa americana Osage di The Killers of the Flower Moon, capolavoro di Martin Scorsese rimasto senza premi.
Garrone deluso – Una notte a bocca asciutta per il cinema italiano, con Matteo Garrone e il suo film, Io, Capitano, eclissati dalla pellicola del regista britannico Jonathan Glazer La zona di interesse, tratto dal celebre romanzo di Martin Amis. Il film racconta l’agghiacciante orrore quotidiano nascosto dietro la vita bucolica della famiglia di Rudolf Höss, l’ufficiale nazista responsabile del campo di sterminio di Auschwitz. Oltre il muro del giardino fiorito in cui giocano i figli del carnefice si consuma la “normalità” dell’Olocausto rappresentato solo dall’incessante rumore di sottofondo dei forni crematori (la pellicola è stata premiata anche per il miglior sonoro).
A margine della premiazione, dopo un pomeriggio caratterizzato anche dalle proteste pro-Palestina fuori dal Dolby, Glazer ha voluto afffrontare il tema dell’attuale conflitto in Medio-Oriente, denunciando la mancanza dii azione per portare a una concreta cessazione della strage in corso: «L’Olocausto portò alla morte di tanti innocenti. Oggi, che si tratti delle vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza, sono tutte vittime di questa disumanizzazione. Come possiamo resistere?»
Per quanto riguarda iol film di Garrone, in Italia è nata una piccola polemica per le parole pronunciate durante il programma “Da noi a ruota libera” dall’attore comico Massimo Ceccherini, autore di un’uscita a dir poco infelice in cui ha detto che la vittoria nella notte degli Oscar sarebbe andata agli ebrei «perché vincono sempre loro». Poi sono arrivate le scuse: «Mi sono spiegato male, io intendevo il film sugli ebrei, l’argomento, non è la prima volta che un film con quel tema vince. Posso chiedere scusa se qualcuno ha capito male», ha affermato Ceccherini, aggiungendo che «io intendevo parlare della pellicola, stavo parlando di scommesse per scherzare e di film con quell’argomento».
Oscar “di guerra” – Il tema dei conflitti e delle guerre oltre che nelle parole di Glazer, è stato presente anche nel discorso di Cillian Murphy, che ha dedicato il premio a tutti coloro che sono impegnati nelle operazioni di peacekeeping: «Abbiamo fatto un film sul padre della bomba atomica, in una situazione di guerra e se penso a quello che viviamo oggi – ha detto l’attore irlandese – in un mondo ancora in conflitto, non posso che dedicare questo premio a chi si adopera per portare la pace».
E si parla di “Oscar di guerra” anche per l’assegnazione del premio per il miglior documentario a 20 Days in Mariupol, del regista-giornalista dell’Ap e premio Pulitzer Mstyslav Chernov, che porta a casa la prima statuetta della storia dell’Academy all’Ucraina. Il reporter ha dedicato la statuetta alla città di Kharkiv e al suo popolo: «Tutti insieme, in questa sala, possiamo far sì che questa storia venga raddrizzata e che le vittime di Mariupol non vengano dimenticate. Perché il cinema crea i ricordi e i ricordi creano la Storia».
Guerra e perdita di affetti anche nel premio come migliore attrice non protagonista l’attrice Da’Vine Joy Randolph, per la sua interpretazione nel film The Holdovers – Lezioni di vita di Alexander Payne, in cui interpreta una cuoca di un college del New England soffocata dal dolore per la perdita di un figlio in Vietnam. Accolta da grande entusiasmo, compreso quello delle rivali, sul palco ha commosso la platea: «Ho sempre voluto essere diversa, e mi sono resa conto che voglio solo essere me stessa», ha sottolineato sul palco del Dolby Theatre, «Io non mi vedevo, voi sì e mi avete permesso di forgiare il mio cammino. Grazie di avermi visto quando ero invisibile».