C’è un padre brizzolato che racconta al figlio il rock progressivo italiano, «quello degli anni Settanta, quello che solo la Premiata Forneria Marconi poteva suonare». E c’è una ragazza con una maglietta di Storia di un impiegato. Adolescenti seduti al fianco di chi vent’anni li aveva 40 anni fa, in quel 1979 che cambiò la storia del cantautorato italiano. Pfm & Cristiano De André cantano Fabrizio è un binomio costante, di generazioni e di anime musicali, legate dallo spirito di Faber che il 29 luglio sembra aleggiare sull’Arena di Verona e rivestirla della sua anarchia e poesia. Un evento che ha coniugato l’impegno di Cristiano per tenere in vita «l’album più pacifista e pacifico» del padre e la celebrazione che il gruppo rock ha voluto proporre in occasione del quarantesimo anniversario da Fabrizio De André in concerto – Arrangiamenti Pfm: il momento in cui la ricchezza testuale di De André si fuse con un arrangiamento musicale sofisticato, studiato apposta dalla Pfm.
Triadi e anarchia
Il numero 3 è il minimo comun denominatore della serata: 30 minuti di ritardo, 3 ore e 30 minuti di concerto, serata divisa in 3 parti e 9 le canzoni di Storia di un impiegato che aprono il sipario. La parola che serpeggia dalla prima all’ultima nota è anarchia. Quella di Fabrizio De André, che dona al figlio Cristiano una profondità di esecuzione ineccepibile: «Sono dieci anni che cerco di salvarmi dal mio cognome. Grazie a voi ce l’ho fatta», confessa prima di chiudere con due “fuori album”, Quello che non ho e Fiume Sand Creek. Un’ora così intensa che alcuni spettatori chiedono il bis, pensando che il concerto sia già finito.
Canzone del maggio è abbinata alle immagini delle piazze in rivolta dal ’68 ai gillet gialli. Camicia bianca, un timbro di voce che gratta e diventa sempre più aggressivo canzone dopo canzone, Cristiano è animato da uno spirito familiare di contestazione verso il potere: non è un caso se durante Canzone del padre, in cui si percepisce il suo coinvolgimento, passano fotografie e titoli sulle stragi di Stato. Con la voce sincera, per nulla stereotipata per assomigliare all’originale, il cantante raggiunge un feeling viscerale col pubblico e lo stuzzica con assoli di chitarra sempre funzionali all’emozione che vuole trasmettere: «Siete 13 mila e siete qui perché vi volete nutrire di poesia, come quella di mio padre». Si diverte sul palco e il risultato è impressionante: chiudendo gli occhi, in diversi momenti sembra sia Faber in persona a cantare
Rock progressivo al potere
La seconda parte della serata non avrebbe bisogno di spiegazioni se tutti avessero vissuto gli anni Settanta. La Pfm sale in cattedra e Franz Di Cioccio – l’ultimo “sopravvissuto” della formazione delle origini – si mangia il palco: con le bacchette della batteria incanala gli applausi del pubblico verso il tributo al legame Pfm-Faber.
È un arpeggio di chitarra a far scoccare di nuovo la scintilla tra l’arrangiamento rock della Premiata Forneria Marconi e la profondità dei testi di De André, a 40 anni di distanza dalla prima volta. «Tutto il bello che stiamo vedendo con i nostri occhi cercheremo di restituirvelo con le nostre mani, la nostra musica e la poesia di Fabrizio», giura il front man. Promessa mantenuta al primo appuntamento: Bocca di rosa è quanto di più perfetto si possa ascoltare a livello di pienezza del suono e di sintonia tra musicisti. In Un giudice la fisarmonica spinge e detta i tempi; in Giugno ’73 è un commovente assolo di basso a prendersi la scena anche sul violino, per poi lasciare spazio allo xilofono che crea un’atmosfera da sogno su cui si inserisce perfettamente la chitarra pizzicata. Dopo quasi 50 anni di attività, la Pfm è ancora in grado di insegnare musica e dimostrare quanto il rock progressivo abbia un’anima più strutturata di qualsiasi altro arrangiamento proposto nel panorama musicale recente.
Ne è una conferma il lavoro su La buona novella. Per pezzi poetici e allo stesso tempo rivoluzionari il gruppo propone un’alternanza equilibrata di delicatezza e spinte rock che dialogano per raggiungere un crescendo costante, mentre è la voce che orchestra le sfumature musicali a seconda del messaggio del testo. Il marchio di fabbrica della Pfm sono gli assoli di chitarra e di tastiere, fino a quando Di Cioccio riprende in mano le bacchette per una dimostrazione di eterna giovinezza alla batteria.
Ritornati all’album dell’anniversario con La canzone di Marinella – “cantata” dalla voce registrata di Fabrizio, applausi a scena aperta dall’inizio alla fine – il concerto è diventato rock, non c’è più dubbio, ma l’atmosfera non stona con l’occasione. La musica è veicolo delle parole e nessun livello maggiore di empatia tra band e pubblico potrebbe trasmettere con più schiettezza la profondità del verbo di De André.
Un cerchio che si chiude
La poesia di Faber unisce finalmente le due band sul palco, in un momento suggestivo che riporta un De André a cantare sulle note suonate dalla Pfm. L’unicità di questo evento si sprigiona 30 minuti dopo la mezzanotte: Di Cioccio abbraccia Cristiano e gli chiede se è pronto a «suonare con gli zii». Il figlio di Fabrizio risponde che quel tour se lo ricorda bene, l’ha vissuto anche lui: «È stato un incanto, saltavo la scuola per venire a sentirvi. Per me è come un cerchio che si chiude».
Le due voci si fondono subito in Avventura a Durango: sembra che le lancette siano tornate indietro di quattro decenni, quando la metà del pubblico probabilmente non era ancora nata. Da Via del Campo l’atmosfera si carica e termina con l’apoteosi finale sulle note de Il pescatore: conclusione perfetta che rimette al centro del concerto le parole anarchiche, romantiche e rivoluzionarie del genio poetico e musicale genovese. Cantate dal figlio, interprete perfettamente maturo per la sfida, e accompagnate da un gruppo che ha evitato il rischio del “già sentito” continuando a perfezionare l’arrangiamento rock, fiore all’occhiello che tanto aveva attratto Fabrizio De André.
Una svolta per il cantautorato italiano
«Nel 1978 il destino lancia due dadi», racconta Di Cioccio al pubblico dell’Arena. «A Nuoro c’è una band pronta a suonare. A Tempio Pausania un poeta vuole assistere al concerto dei suoi amici che non vede da dieci anni. Il rapporto si rinnova e il poeta il giorno dopo invita a pranzo la band a casa sua: atmosfera magica, anche grazie al Vermentino che mette tutti in sintonia». È questo l’incipit del momento che cambiò la storia del cantautorato italiano.
La Premiata Forneria Marconi era pronta per creare nuovi arrangiamenti rock per la poesia di De André, musicalmente minimalista come previsto per il genere fino alla fine degli anni Settanta. Il gruppo guidato da Franco Mussida e Franz Di Cioccio lavorò a fondo sulla struttura dei pezzi, tanto da renderli difficilmente riconoscibili all’inizio dell’esecuzione. Il grande pubblico gradì questa collaborazione durante il tour – nel 1979 uscì il primo dei due dischi incisi – tanto da spingere altri cantautori a realizzare album con arrangiamenti più ricercati (come Francesco Guccini con I Nomadi). Segno che la Pfm e De André avevano impresso una svolta nella storia della musica italiana.
Vecchi classici furono rielaborati nella veste di quel rock progressivo che si stava imponendo sulla scena musicale e che aveva in sé grandi potenzialità di sperimentazione. «L’idea di un tour con un gruppo rock sulle prime mi spaventò», ricordò qualche anno più tardi De André, «ma il rischio ha sempre il suo fascino. In più ero tormentato da interrogativi sul mio ruolo, sul mio lavoro, sull’assenza di nuove motivazioni. E la Pfm risolse il problema, dandomi una formidabile spinta verso il futuro». La prova che per preservare l’eredità di De André c’è sempre bisogno di sperimentare, partendo da quella sua idea di rivoluzione anarchica sulle note del rock progressivo della Premiata Forneria Marconi.
Scaletta
Prima parte: Cristiano De André
Introduzione
Canzone del maggio
La bomba in testa
Al ballo mascherato
Sogno numero due
Canzone del padre
Il bombarolo
Verranno a chiederti del nostro amore
Nella mia ora di libertà
Quello che non ho
Fiume Sand Creek
Seconda parte: Pfm
Bocca di Rosa
Un giudice
Giugno ‘73
Universo e terra
L’infanzia di Maria
Il ritorno di Giuseppe
Il sogno di Maria
Maria nella bottega del falegname
Il testamento di Tito
La canzone di Marinella
Amico fragile
Celebration
Terza parte: Pfm & Cristiano De André
Avventura a Durango
Rimini
Via del Campo
Andrea
La guerra di Piero
Zirichiltaggia
Volta la carta
Il pescatore