L'opera di

L’opera di Claudio Cintoli (andata perduta) che faceva da sfondo alle prime esibizioni dei cantanti al Piper Club

Su quel palco si sono esibiti tutti i migliori, dai giovanissimi Pink Floyd negli anni del boom economico ai Nirvana negli anni Novanta. Passando per quella che ne è stata la musa, Patty Pravo. Oggi come 50 anni fa, in via Tagliamento 9, a Roma, dietro una porta bianca su cui campeggia l’insegna rossa del locale, scendono le scale del Piper Club. Un ex garage interrato che l’avvocato Alberigo Crocetta, assieme all’imprenditore Giancarlo Bornigia, trasformò nella casa del beat italiano.

Vero e proprio fenomeno culturale, il Piper aprì il 17 febbraio 1965. Allora il palco era decorato dall’opera Giardino per Ursula dell’artista romano Claudio Cintoli. A esibirsi, furono chiamati gli inglesi The Rokes. Per il timore che la musica d’importazione fosse troppo indigesta al pubblico, salirono sul palco anche gli italiani Equipe 84, con il compito di alleggerire il suono con il più classico dei lisci. Non ce ne fu bisogno. Il pubblico costrinse la band italiana ad adattarsi al tipo di musica dei The Rokes: il beat. Un insieme di rock’n roll, swing e blues, le cui esecuzioni prevedevano l’uso allora innovativo di luci stroboscopiche colorate.

In questa atmosfera, mosse i primi passi Patty Pravo, “la ragazza del Piper”. Inizialmente semplice ballerina, fu notata dal proprietario Crocetta e, sulle note di Ragazzo triste (scritta da Gianni Boncompagni) divenne un’icona della musica pop italiana e della moda degli anni ’60. Dopo di lei, il Piper contribuì a lanciare molti big della scena musicale italiana: Renato Zero, Caterina Caselli, I Pooh, che proprio in questo locale conobbero il bassista Riccardo Fogli, nuovo frontman del gruppo.

https://www.youtube.com/watch?v=QdFaK1NckVc

Negli anni ’70, i soci Crocetta e Bronigia si separarono, con il primo che diede vita al Piper 2000 di Viareggio, che non riuscì a ripetere ed eguagliare i successi di pubblico del Piper Club. Furono questi gli anni in cui il locale romano si trasformò in vera e propria discoteca, senza rinunciare alla musica live: Formula 3, Mia Martini, Ricchi e Poveri. Ma anche Genesis, Sly and the Family Stone e grandi artisti jazz (Lionel Hampton e Duke Ellington).

Nonostante la chiusura tra il 2010 e per i primi mesi del 2011, il Piper Club continua a rappresentare un punto di riferimento della movida romana e si prepara a festeggiare l’anniversario dei 50 anni, un record condiviso con il Cavern di Liverpool, i due locali più longevi di tutta Europa.

Nicola Grolla