Pochi fondi investiti nella ricerca, taglio dei finanziamenti, borse di studio in calo, numerosi abbandoni e ritardi. Se dovesse superare un esame, l’Università italiana non avrebbe vita facile. A dirlo è il Rapporto biennale dell’Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca presentato martedì 18 marzo a Roma.

RICERCA – La spesa italiana in ricerca e sviluppo è tra le più basse delle grandi economie industriali. Il Paese investe appena lo 0,52 per cento del Pil, 2 punti percentuali in meno rispetto alla media Europea, seguita solo da Grecia e Polonia. Una situazione complessa, legata anche agli scarsi investimenti dei privati. Il rapporto evidenzia forti differenze anche tra le regioni:  il Piemonte è quella che spende di più e si attesta ai livelli del Regno Unito. Sopra la media Ue sono anche Lazio, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. Mentre sono al di sotto della media italiana Calabria, Molise, Valle d’Aosta, Sardegna e Basilicata.

FINANZIAMENTI – Dal 2009 il finanziamento complessivo del Ministero dell’Istruzione al sistema universitario si è ridotto di circa un miliardo di euro, anche a causa della  «riduzione del personale, soprattutto dei docenti ordinari, e dal blocco delle progressioni di stipendi», come spiega il Rapporto. Tra il 2014 e il 2018, osserva l’agenzia, si ritireranno oltre 9.000 docenti di ruolo, il 17 per cento del totale. «Per garantire il funzionamento degli atenei (didattica, ricerca e governo) sarà quindi fondamentale immettere un numero elevato di docenti (circa 1.800 all’anno) nei ruoli di associato e di ordinario».

L’OFFERTA FORMATIVA – In nove anni, dal 1993 al 2012, i laureati in Italia sono passati dal 5,5 al 12,7 per cento della popolazione in età da lavoro e dal 7,1 per cento al 22,3 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni. L’Italia continua a essere, però, uno dei Paesi con la più bassa quota di laureati a causa della mancanza di corsi professionalizzanti e della riduzione delle immatricolazioni di studenti over 25.

IL 3+2 – «Il numero delle persone che annualmente consegue un titolo terziario è oggi di circa il 31 per cento superiore rispetto a prima della riforma», spiega l’Anvur. Il passaggio dalla triennale alla specializzazione riguarda, però, poco più del 55 per cento dei laureati.

BORSE DI STUDIO – Le borse di studio per gli studenti universitari sono in forte calo, dato che le risorse non sono sufficienti a garantire a tutti gli idonei l’accesso. Rispetto ai paesi Ocse, gli studenti che ricevono un sostegno economico in Italia sono pochi. Le regioni del Mezzogiorno, «dove gli aventi diritto alla borsa di studio sono di più, hanno tassi di copertura inferiori alla media», spiega il Rapporto.

TASSO DI ABBANDONO – Quasi il 40 per cento degli studenti immatricolati a un corso triennale non conclude gli studi. Dopo il primo anno circa il 15 per cento abbandona l’università o decide di cambiare corso. Il tempo medio per il conseguimento della laurea di primo livello è pari a 5,1 anni e solo un terzo degli studenti finisce nei tempi prestabiliti. Il 42 per cento degli studenti iscritti a un corso triennale è fuori corso, con un boom negli atenei del Centro e del Mezzogiorno.

 Silvia Morosi