Gli Oscar non sono mai stati solo un fatto artistico. Ma è soprattutto negli ultimi anni che più delle statuette hanno contato gli elementi di natura politica. L’edizione del 2015 non è stata da meno. Non sono mancati i discorsi impegnati, la commozione e le sorprese. Confermando lo stereotipo di una Hollywood sempre più “liberal”, come ha riportato il New York Times. E a volte lontana dal botteghino.
Basti pensare ad American Sniper, diretto da Clint Eastwood: la biografia del cecchino americano in Iraq ha guadagnato 365 milioni di dollari d’incassi ed è stato acclamato persino dalla first lady Michelle Obama. Ma agli Oscar, dice The Guardian, la pellicola è stata penalizzata per essere troppo “di destra”. Non ha convinto la giuria e ha ottenuto solo la statuetta per il miglior montaggio sonoro.
Ma ha fatto discutere anche la scelta dell’Academy di dare solo due candidature a Selma, il film di Ava DuVernay su Martin Luther King. In molti hanno parlato di Oscar troppo “bianchi”, e probabilmente anche per questo la serata ha visto sul palco tanti presentatori di colore: tra gli altri Eddie Murphy, Oprah Winfrey, Viola Davis e Chiwetel Ejiofor. “Questa sera onoriamo gli attori più bravi e più bianchi, scusatemi, più brillanti, di Hollywood”, ha scherzato il presentatore Neil Patrick Harris dando il via alla cerimonia.
Patricia Arquette ha approfittato del suo Oscar come miglior attrice non protagonista nel film Boyhood per rivendicare pari opportunità e pari trattamento per le donne. “A tutte le donne che hanno messo al mondo un figlio a ogni contribuente e cittadino di questa nazione, noi abbiamo combattuto per l’uguaglianza di tutti gli altri. È ora di avere pari trattamento economico e pari diritti per le donne negli Stati Uniti”. Un discorso che ha ricevuto la standing ovation di Meryl Streep e Jennifer Lopez.
Discorso impegnato anche per Alejandro Gonzáles Iñárritu che con il suo Birdman ha fatto incetta di premi aggiudicandosi quattro statuette. Il regista messicano ha voluto ricordare i suoi connazionali che vivono senza diritti negli Stati Uniti, augurandosi “che l’America trovi una soluzione per loro, perché continui a essere quella grande nazione fatta di immigranti che è sempre stata”.
La libertà d’informazione è stato un altro dei temi caldi. Citizenfour di Laura Poitras ha vinto l’Oscar come miglior documentario, trattando proprio del grande scandalo sulle comunicazioni spiate dalla Nsa americana. “Grazie a Edward Snowden e al suo coraggio – ha detto la Poitras – condivido questo premio con tutti i giornalisti che rivelano la verità”. Dalla Russia, che gli ha concesso asilo politico, Snowden si è congratulato con la regista Laura Poitras attraverso un comunicato.
Flavio Bianco