Un poliziotto politicamente scorretto, cinico e anarchico. Ma soprattutto, amante della Marijuana. Ha fatto discutere Rocco Schiavone, il protagonista della fiction di Rai 2, diretta dal regista Michele Soavi. E ad alcuni senatori proprio non è andato giù. Perché secondo loro, il buon esempio passa anche dalla televisione pubblica.

Che si tratti di «un eroe per imbecilli» è l’opinione di Maurizio Gasparri che, insieme ai colleghi Giovanardi e Quagliariello, ha presentato un’interrogazione parlamentare contro la fiction prodotta dalla Rai. Secondo il vicepresidente del Senato, che ha risposto ai microfoni di Radio Cusano, non è accettabile che il servizio pubblico «eriga come modello un poliziotto che si fa le canne la mattina, fa il basista per i rapinatori, ruba droga e propone prostitute a terzi».

Nel comunicato apparso sul sito del Senato, gli onorevoli chiedono di conoscere se gli spettatori saranno avvertiti nelle prossime puntate delle conseguenze penali previste per l’uso non terapeutico di cannabis da parte delle forze dell’ordine. Una reazione appoggiata dal Sindacato Autonomo di Polizia che ha sostenuto la protesta di Maurizio Gasparri nel comunicato Stop alle fiction con agenti tossicodipendenti!

Il Rocco Schiavone della Fiction, che nella prima puntata ha tenuto incollati al televisore 4 milioni di italiani, quando parla dice le parolacce. Apprezza le donne e ogni mattina,invece di leggere il giornale, fuma uno spinello. «È la sua preghiera laica», ha spiegato l’attore Marco Giallini, che interpreta il personaggio basato sui romanzi di Antonio Manzini. Ha solo tre amici, tutti ladri. Un perfetto personaggio borderline, se non fosse che Schiavone è un vicequestore. È una “guardia”, come lo definirebbe il dialetto di Roma, la città dove viveva e lavorava prima di essere trasferito per punizione ad Aosta. Lui, un trasteverino che odia la nebbia e il freddo, si adatta poco ai comportamenti tradizionali della vita in un commissariato. Per eccellenza, è un antieroe.

L’ufficio relazioni esterne del Dipartimento di pubblica sicurezza della Polizia di Stato ha precisato di non avere dato nessun patrocinio alla fiction e di non avere fornito i mezzi delle forze dell’ordine, escludendo qualunque forma di collaborazione alla realizzazione della serie. Secondo Tinni Andreatta, direttrice di RaiFiction, la polizia si sarebbe limitata a leggere le sceneggiature: «non ha avuto nulla da ridire, perché è tratta dai libri, tutto quello che succede è scritto nei racconti».

Inaccettabile e sconcertante. Così 100autori, la più grande fra la Associazioni autoriali del settore audiovisivo, ha commentato la vicenda. L’interrogazione parlamentare è un atto di «ingerenza che limita il racconto della vita dei personaggi e viola la libertà di espressione artistica che è alla base del mestiere di chi fa cinema e televisione in Italia»