In passato è stato anche definito una «messa cantata». Ma le premesse del 69° Festival di Sanremo, al nastro di partenza del 5 febbraio, lasciano pensare che questa sarà un’edizione innovativa, pur senza intaccare la tradizione di un teatro Ariston trasformato in tempio sacro della canzone italiana. Ventiquattro canzoni in gara, 263 artisti tra cantanti, performer e ospiti, 27 ore di diretta e il palco più grande di sempre: sono i numeri che raccontano le cinque serate di un Festival che sembrerebbe avere le carte in regola per raggiungere i risultati da record della scorsa edizione, con introiti pubblicitari mai così alti. «Questo sarà il festival dell’armonia – ha commentato il direttore artistico Claudio Baglioni alla conferenza stampa di apertura del 4 febbraio al teatro Ariston – continuerò a pensare che sia il festival della canzone italiana e che il nome di Sanremo abbia una sua capacità di essere un’affermazione, un marchio e un contenuto in tutto il mondo». Buoni sentimenti e riappacificazioni, come quella avvenuta tra il direttore artistico e la direttrice di Rai1 Teresa De Santis, dopo le voci circolate attorno a un loro litigio innescato dalle parole del direttore artistico contro la politica governativa sui migranti. Una pace sancita dal regalo di un bouquet di rose rosse davanti ai giornalisti. Alla conferenza, erano presenti anche i due conduttori Claudio Bisio e Virginia Raffale e il sindaco di Sanremo Alberto Biancheri.

Le novità – Niente eliminazione per i cantanti: «Sembrava che questo rito fosse fondamentale – ha aggiunto Baglioni – ma la novità ha creato un clima più sereno in tutti i concorrenti». Anche la serata delle cover è stata tagliata, «una contraddizione dei termini», ma le canzoni dureranno di più. I cambiamenti riguardano anche la composizione della giuria d’onore, attiva nelle serate di venerdì e di sabato, composta da personaggi dello spettacolo, artisti e giornalisti. Il presidente sarà Mauro Pagani, direttore musicale del Festival, e con lui lavoreranno Ferzan Ozpeteck, Camila Raznovich, Beppe Severgnini, Claudia Pandolfi, Elena Sofia Ricci, Serena Dandini e Joe Bastianich. La tecnologia la farà da padrona, con una spettacolarità garantita dai giochi di luci, un palco mobile e la capacità di ripresa più elevata di sempre. Saranno invece tagliate le comparsate «mordi e fuggi» di artisti internazionali «che non raccontano una storia» e non assicurare un salto di qualità della serata, ma che costringono la Rai a rompere il salvadanaio. «Il dato spettacolare sarà arricchito da Virginia Raffaele e da Claudio Bisio» ha aggiunto Baglioni.

Le polemiche – «L’autarchia non c’entra niente – ha commentato Teresa De Santis a proposito delle polemiche scatenate dalle dichiarazioni fatte da Claudio Baglioni sul governo – Non sarà un festival sovranista, ma c’è una voglia di sottolineare un’identità culturale». Una kermesse che fotografa il paese riflettendone storia e cultura, ma che questa volta non sembra lasci spazio alla politica: «Vorrei che continuasse a essere un festival popolar nazionale» ha aggiunto Baglioni, mentre Claudio Bisio, conduttore assieme a Virginia Raffaele, da sempre impegnato sia sul campo artistico che in quello sociale, ha affermato: «Non parlerò dei migranti, né di Bolsonaro, né del Venezuela. Non parlerò della Juve e dei rigori mancati. Penso che vincerà la leggerezza, spero che vinca l’ironia, ma non sarà un festival politico a meno che non accadano a mia insaputa».