Un trionfo prevedibile, ma comunque meritato. Angelina Mango conquista il primo posto nella classifica della terza serata del Festival, in cui a votare sono stati il pubblico da casa e la giuria delle radio. Il livello della concorrenza questa sera non era altissimo, ma la performance di La noia stupisce pensando che solo un anno fa l’artista era ancora sconosciuta ai più. Dietro di lei si sono classificati Ghali con il brano Casa mia, che già dopo la prima esibizione aveva fatto discutere per i temi affrontati, e Alessandra Amoroso con Fino a qui, che con la sua voce graffiante ha lasciato il segno. Questa è stata anche la serata di Teresa Mannino nei panni di co-conduttrice. Dopo i cantanti Marco Mengoni e Giorgia, la sua ironia spontanea ha rotto quel poco di formalità che al Festival era rimasto finora. Sempre alti gli ascolti: oltre 10 milioni di spettatori, con un picco di share al 67,9% quando sul palco sono saliti Mahmood e Ghali.
Musica e parole – La musica la fa da protagonista fin dall’inizio. Amadeus lascia subito spazio a Loredana Bertè, che si spoglia degli abiti di cantante e veste quelli di presentatrice per Il Tre. Il primo intervallo è offerto dal Coro dell’Arena di Verona, che con il Va’, Pensiero riporta il Festival alla sua dimensione classica e formale che Amadeus ci aveva quasi fatto dimenticare. Una dimensione subito archiviata con l’ingresso della comica Mannino, che con il suo spirito genuino ha travolto il pubblico comportandosi come se fosse a casa sua. Si atteggia a diva improvvisata, si diverte con gli abiti (piumati prima, più eleganti sul finale) e prende in giro il padrone di casa rompendo tutti gli schemi. «Sarà una serata complicata per me», confessa scherzando Amadeus, ma in realtà la conduzione di Mannino fila liscia come l’olio. A differenza di Mengoni e Giorgia, la comica si ritaglia anche un momento per un monologo sulla libertà di essere donne. Il discorso di Mannino non è l’unico della serata. Anche l’attore e regista Edoardo Leo, all’Ariston per promuovere la serie tv “Il Clandestino”, si prende un angolo di riflessione sul ruolo dell’artista come sentinella della democrazia: «Stiamo attenti a che il sole della cultura rimanga sempre a mezzogiorno. È l’ultimo spiraglio di luce prima del buio».
I temi – Momento amarcord con Eros Ramazzotti, che celebra i 40 anni di Terra promessa sul palco dell’Ariston, coinvolgendo il pubblico in sala e perfino l’orchestra. Poi il bagno di realtà: «Quasi 500 milioni di bambini vivono in zone di conflitto», ricorda Ramazzotti al termine dell’esibizione, «altri non vivranno mai nella terra promessa. Basta sangue. Basta guerre. Pace». E parte la standing ovation. Seguono Stefano Massini e Paolo Jannacci, che adattano al linguaggio musicale la riflessione sulle morti sul lavoro. «Guadagnarsi da vivere mentre qualcuno si guadagna da morire», ha intonato Massini nel corso del brano L’uomo nel lampo, un dialogo cantato di denuncia contro una piaga che ancora oggi colpisce il nostro Paese. Messaggio rinforzato sul finale, con la chiusa inequivocabile: «Su questo palco l’amore è stato declinato in tutte le forme possibili. Ma ce ne è una di cui nessuno parla mai: l’amore per i nostri diritti, quelli che ci spettano, chiunque tu sia. Viva la dignità».
Dentro e fuori – Tempo di chiudere il discorso e fuori dall’Ariston è già un altro spettacolo: Paola e Chiara dominano il palco Suzuki in Piazza Colombo, dove i sanremesi accorrono per ascoltare le dive del pop anni ’90. Immancabile il tormentone Furore, trasmesso in diretta televisiva. Lo show in esterna prosegue con le altre hit del duo, mentre le telecamere della Rai tornano all’interno dell’Ariston con l’ingresso di Sabrina Ferilli, comparsa sul palco solamente per promuovere la nuova fiction di cui sarà protagonista.
Il gladiatore – Canta, sfotte John Travolta e non riceve neppure un compenso. Russell Crowe non avrà «scatenato l’inferno» sul palco dell’Ariston, ma almeno non ha ballato il Ballo del qua qua. L’attore ha invece sorpreso il pubblico italiano con la sua voce grave finora inedita, esibendosi con il suo brano Let the light shine. Dopo l’ospitata al Festival, che lo ha consacrato come cantante, quest’estate Crowe sarà in tour in Italia con la sua band. Durante la serata c’è spazio per un altro gladiatore, questa volta tutto italiano: Gianni Morandi. Sanremo è casa sua. Cantante in gara, presentatore (e addetto alle pulizie), superospite: Morandi ha interpretato al meglio ogni ruolo nei suoi oltre 60 anni di carriera e al Festival del 2024 incassa un’ennesima standing ovation.
La top five – Intorno all’1:30 del mattino Amadeus e Mannino hanno rivelato la top five della terza serata:
1. Angelina Mango – La noia
2. Ghali – Casa mia
3. Alessandra Amoroso – Fino a qui
4. Il Tre – Fragili
5. Mr. Rain – Due altalene
Le pagelle – Il Tre, Fragili 6.5 (presentato da Loredana Bertè) Bertè apre la terza serata strappando un sorriso: «Complimenti alla famiglia, è un bravo ragazzo». Il Tre ha convinto di più rispetto alla prima serata: sciolto e padrone del palco, è riuscito ad aprirsi e trasmettere al pubblico un brivido in più. Lasciando un segno anche sul finale: «Per tanti anni non ho trovato il mio posto nel mondo. Essere qui è la dimostrazione che affrontare le proprie fragilità paga».
Maninni, Spettacolare 6.5 (presentato da Alfa) Non sarà uno dei «dischi belli che non scordi più» di cui parla nel suo brano, ma Maninni sa cantare e se la gode pure. Alla sua seconda esibizione sul palco dell’Ariston il giovane barese ottiene il suo riscatto per la mancata qualificazione tra i Big nella scorsa edizione, sottolineato dallo stesso Amadeus durante la presentazione iniziale a opera di Alfa.
Bnkr44, Governo Punk 5 (presentati da Fred De Palma) Il look, effettivamente, ha una spiccata vocazione punk. Il brano un po’ meno. La sensazione è più quella di una band del liceo che di un gruppo pronto per il palco dell’Ariston. Manca qualcosa.
Santi Francesi, L’amore in bocca 4.5 (presentati da Clara) La convinzione a volte non basta. Alessandro ha grinta, ma il brano lascia a desiderare: non è una ballata né un pezzo dance, ed è facile immaginare che la prossima settimana lo avremo già dimenticato. La rivelazione è Clara nel ruolo di presentatrice, un po’ in stile professoressa dell’Eredità quando indossa gli occhiali. Se le andasse male come cantante avrebbe già pronta un’alternativa.
Mr Rain, Due altalene 7 (presentato da Il Volo) Il Volo in total black presentano Mr Rain in total grey. Sentimentale, emozionato ed emozionante. Forse è il brano che più ti aspetti da Sanremo. Una melodia classica, che però manca di originalità: somiglia vagamente a Supereroi dello scorso anno.
Rose Villain, Click Boom! 6.5 (presentata da Gazzelle) Canzone bipolare. Ballata virtuosistica nella strofa, che nel ritornello si trasforma in un pezzo qualsiasi di Elettra Lamborghini (con tanto di “vroom vroom”). Ad alzare la media è la presenza scenica: Rose è la “villain” che vorremmo in ogni fiaba a lieto fine.
Alessandra Amoroso, Fino a qui 7 (presentata da Dargen D’Amico) Il debutto di Alessandra Amoroso sul palco dell’Ariston ha convinto. Canta con intensità, anche se forse Fino a qui non è il brano più adatto per un esordio a Sanremo. Il momento più memorabile della sua esibizione? Il siparietto tra Sabrina Ferilli e Dargen D’Amico durante la presentazione: «Perché ci vogliono tre persone pe’ fa’ un nome?». Dargen: «Perché è più divertente».
Ricchi e poveri, Ma non tutta la vita 5.5 (presentati da BigMama) Esagerati. Look stravaganti ed esibizione sopra le righe. Nulla che non ci aspettassimo dopo la prima serata, ma senza il brivido della novità. Angela è posseduta dal sacro fuoco della giovinezza ritrovata. La nostra espressione, invece, assomiglia più alla faccia disorientata di Angelo.
Angelina Mango, La noia 9 (presentata da Irama) L’esibizione più attesa della serata, e Angelina è all’altezza delle aspettative. Padroneggia il palco, convince con la sua cumbia e perfino col suo outfit floreale e le treccine, inizialmente coperte e poi sfoggiate con orgoglio. Standing ovation finale meritata: in questo Festival è lei l’artista da battere.
Diodato, Ti muovi 6- (presentato da The Kolors) È il Diodato che già conoscevamo, quello che ha vinto il Festival nel 2020. Ma la pandemia è finita e ora abbiamo voglia di allegria. Forse è la canzone giusta, ma nel momento sbagliato. Nulla di nuovo sotto il cielo di Sanremo.
Ghali, Casa mia 7.5 (presentato da Mahmood) Ghali c’è e si sente. Esibizione riuscita e messaggio recapitato. Anche il look ha il suo perché. Convince di meno l’accoppiata con Mahmood, da cui ci si aspettava di più. Ma forse, come canta Ghali, è tutto calcolato: «di alzare un polverone non mi va».
Negramaro, Ricominciamo tutto 6 (presentati da Emma) Abbinamento salentino. Emma presenta i suoi amici (e conterranei) Negramaro e tra lei e il frontman scatta perfino un bacio. La voce di Giuliano Sangiorgi è inconfondibile, una delle più belle del panorama italiano. Da un gruppo con così tanta esperienza, però, ci si aspettava un brano più incisivo, capace di lasciare un segno. Con Ricominciamo tutto la sensazione è quella di una falsa partenza.
Fiorella Mannoia, Mariposa 5 (presentata da Annalisa) Fiorella è Fiorella. Mariposa un po’ meno. La voce è indiscutibile, il testo non è abbastanza incisivo per diventare il manifesto dell’orgoglio femminile che voleva essere. La melodia monotona, non convince.
Sangiovanni, Finiscimi 4 (presentato da Renga e Nek) “Finisci(mi)” è l’augurio che viene spontaneo ascoltando il brano di Sangiovanni. La canzone non arriva, nonostante il cantante la ritenga «molto importante» e «d’aiuto nei momenti difficili». Apprezziamo il tentativo di sperimentare qualcosa di diverso dalle hit degli ultimi anni, ma l’obiettivo non è stato centrato. Ritenta.
La Sad, Autodistruttivo 7.5 (presentati da Geolier) Dite quello che volete: sono eccessivi, troppo colorati, eccentrici. Vero, ma a noi piacciono. La Sad sono la boccata d’aria fresca e di energia di cui all’una di notte avevamo tutti bisogno. Il tema affrontato è delicato: l’autolesionismo. Questi tre ragazzi l’hanno trattato con una delicatezza che non ci aspettavamo. La chiusa finale è emblematica: «Ricordatevi che i rapporti si possono sempre recuperare».