Sanremo è Sanremo, si sa. Fiori, canzoni e polemiche sono le certezze nel pre, durante e post Festival. C’è però un’altra certezza dalle parti dell’Ariston negli ultimi anni: l’assenza del rap. Genere per antonomasia “poco sanremese”, il Festival della Canzone Italiana ha sempre concesso poco spazio a quegli artisti che fanno di rime e assonanze il loro credo musicale. Una mancanza ancor più evidente in questa sessantottesima edizione, dove il direttore artistico Claudip Baglioni ha voluto puntare su un pacchetto di canzoni e cantanti ben definito e piuttoso omogeneo (l’unica eccezione è Una vita in vacanza de Lo Stato Sociale).

UN GENERE POCO “SANREMESE” – Ancora una volta, il Festival perde l’opportunità di avvicinarsi a una fascia di pubblico forte, quella dei giovani che preferiscono lo streaming alla tv, il dissing al classico “sole, cuore, amore”, e per cui l’unico talent è quello della rima, meglio se improvvisato. Così, in un Festival apparentemente perfetto visti gli ascolti e i pochissimi scivoloni, l’unica critica che si può muovere al direttore artistico Baglioni è quella di aver escluso una fetta importante della “nuova” musica: quella per intenderci di Ghali, Salmo, Shade e compagnia cantante, anzi rappante. E dire che negli ultimi anni, un passo incontro a questo mondo era stato fatto: Rocco Hunt è stato lanciato proprio da un Festival che nelle ultime edizioni aveva dato spazio anche ad artisti come Clementino, Nesli e Frankie Hi-NRG, oltre ai “mostri sacri” Jovanotti e Caparezza.

PORTABANDIERA AL FESTIVAL – L’unica eccezione di quest’anno è rappresentata da Michel Mudibi, 31enne di origine congolese di San Benedetto del Tronto. La sua Il Mago ha letteralmente sbaragliato la concorrenza durante Sarà Sanremo, trasmissione andata in onda su Rai 1 lo scorso 15 dicembre e interamente dedicata alla scelta dei cantanti che avrebbero fatto parte della categoria delle Nuove proposte del Festival. Un successo confermato dalla sua performance all’Ariston, in veste di portabandiera del rap. La sua storia è molto simile a quella di suoi illustri colleghi: orfano di padre, Michel lavora in officina per dieci anni prima di inziare a scrivere i testi delle sue canzoni nella sua cameretta. La novità della sua Il mago è tutta nella positività del testo: il “bicchiere mezzo pieno” e il richiamo a Orietta Berti sono in controtendenza rispetto a un genere che, almeno in Italia, non è mai riuscito a superare la classica tematica di denuncia sociopolitica. Partito come favorito, si è già assicurato il “Premio Assomusica 2018”.

TRA I BIG, MEGLIO EVITARE – Se si chiama Sanremo e non SanRap ovviamente c’è un motivo: il rap è un genere scomodo, ancor di più in un contesto politicamente corretto, come quello della kermesse. Ancor di più quest’anno, la direzione artistica non ha voluto forse correre il rischio di potersi ritrovare, a un mese dalle elezioni, con in gara un brano che avesse in qualche modo a che fare con la politica. E ancora: in una manifestazione in cui i nomi forti sono quelli degli over come Ornella Vanoni e i vari Pooh, proporre nella gara dei big un rapper avrebbe potuto provocare un incomprensione con il pubblico di un Festival indirizzato più a quelli che appartengono alla categoria degli “anta”. Insomma, quella di evitare i rapper è una scelta di Baglioni che ha deciso proprio di non farli salire sul palco dell’Ariston neanche come ospiti.